Human Factor e Resilience Engineering - I

Scritto da Silvana Lovera

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I - Il termine Human Factor è usato in contesti organizzativi di Safety and Risk Management ma oggi come oggi si può incontrare, a proposito o a sproposito, in letteratura, al cinema, nelle trasmissioni televisive, e giù giù fino alle chiacchere da bar dove può far capolino nei più svariati discorsi.


Prima dunque di approcciare la metodologia e il modello d’indagine sugli errori e fallimenti organizzativi, relativi al case-study che si presenterà, è necessario ricordare in breve alcuni elementi a fondamento della cultura aeronautica.

La tecnica Human Factor in aviazione, si propone di studiare i “vizi e le virtù” dell’operatore umano nella human-machine-interaction, cercando nell’incontro di contenere i primi (leggi “possibili errori) entro limiti ancora safe per il sistema, e di valorizzare le seconde (leggi “limiti umani”) in un’esperienza, ad esempio, di comfort ergonomico, ancora safe, con la macchina Negli ambienti ad alto rischio, gli errori e i bias, devono necessariamente dispiegarsi all’interno di una cornice Resilience Engineering.

Fra gli errori più comuni ricordiamo brevemente, in modo non esaustivo, quelli skill-based, rule-based, knowledge-based, mistakes, lapses, slips, fra i bias ci sono quelli nei modelli cognitivi (e.g. attivazione-innesco-schema) bias sistematici nel giudizio (e.g. euristiche), bias nei processi di attribuzione causale (e.g. effetto del falso consenso), bias nelle decisioni degli esperti (e.g. effetto focalizzazione), bias nelle decisioni di gruppo e organizzative (e.g. group-think).

Lo Human Factor, inteso come disciplina, implica lo studio di fattori e lo sviluppo di strumenti che aiutano nel raggiungimento degli obiettivi anzidetti (Wickens, Hollands, 2000). Lo studio del fattore umano coinvolge dunque l’indagine di tutti gli aspetti legati all’individuo.

L’analisi psicologica è uno degli elementi, insieme ad altri legati ad esempio alla valutazione di caratteristiche fisiche dell’essere umano, che interessano il campo dello Human Factor. In particolare dell’analisi psicologica se ne occupa l’ergonomia cognitiva, un settore interdisciplinare molto complesso, che cerca di individuare i processi cognitivi di ordine superiore (es. memoria, attenzione), i meccanismi e le modalità di funzionamento interni all’operatore e che non sono direttamente osservabili (Di Nocera, 2011). Il settore dello Human Factor è prettamente applicativo e si avvale per quanto concerne l’area psicologica anche di studi implementati nell’ambito della psicologia sperimentale (e.g. Teoria del condizionamento operante di Skinner B.).

Wickens e Hollands (2000) sostengono che l’Engineering Psychology si situa all’intersezione di questi due domini: la branca applicativa dello Human Factor e la psicologia sperimentale. L’Engineering Psychology ha l’obiettivo più ampio di provvedere una teoria usabile nel campo della performance umana. In anni recenti c’è stata una tendenza da parte dei ricercatori nel settore rischio e sicurezza dei sistemi, che prevedono l’interazione con gli esseri umani, di sviluppare un paradigma basato sulla Resilience Engineering.

L’approccio al sistema è una disciplina dimostratasi utile per molti anni in una miriade di applicazioni: dall’elettronica all’ingegneria dei traspori, all’economia e alla cura della salute (Sheridan, 1988). Il paradigma basato sullo studio del rischio probabilistico non è superato ma non sembra essere efficace ad arginare la vulnerabilità di un sistema che può fallire in molti modi.

Studiare gli errori umani passati o le criticità di un sistema è utile, ma non può predire tutti i modi in cui esso può fallire: le condizioni di un futuro incidente sono infatti probabilisticamente diverse da quelle del passato. (continua)

(21 ottobre 2016)