Il capo dei capi

Scritto da Antonio Chialastri

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Chi per lavoro è abituato a comandare è di solito restio a sottomettersi volontariamente a una qualche autorità, o a riconoscere a qualcuno la leadership nella tutela dei propri interessi. La remissione delle proprie prerogative non avviene spontaneamente, ma in seguito alla delega per disinteresse della cosa pubblica.

Cosa pubblica, che, nel nostro caso, è la categoria dei piloti, e oggi dobbiamo purtroppo constatare che abbiamo un basso senso di appartenenza.

Questo è un fatto, e la prima cosa da fare, allora, è recuperare un’identità collettiva che serva a riconoscersi all’interno e a differenziarsi dall’esterno. La condivisione di alcuni temi di fondo, quindi, deve essere patrimonio comune di tutti noi. Perché, per quanto possa sembrare paradossale, non bisogna convincere gli altri delle ragioni profonde della nostra professione, ma noi stessi.

Tutto ciò non è facilitato dal tipo di attività che svolgiamo. Ci incontriamo sporadicamente in giro per il mondo, a differenza di altre categorie di soggetti che hanno un luogo fisso di ritrovo dove poter condividere spunti di riflessione, scambiare punti di vista, elaborare piani che abbiano una certa coerenza.

Un'altra delle cause della nostra frammentazione può ricercarsi nella nostra formazione culturale, caratteriale, sociale. Vorremmo essere tutti prime donne, degli istrioni che possiedono livelli di testosterone che raggiunge spesso vette dannunziane.

Se il carattere individuale è quello che è, se non possiamo neanche confrontarci sistematicamente su ragionamenti che abbiano un certo respiro, è chiaro che tutta l’elaborazione di un pensiero alternativo non può che passare attraverso lo scambio nelle liste informatiche, oppure nelle sale delle associazioni professionali.

Le prime sono diventate per lo più dei gorillai dove la polemica, a volte necessaria, è diventata fine a se stessa. Lo scontro può nascere, quando i punti di vista sono divergenti, ma deve comunque essere finalizzato a raggiungere uno scopo, che non può essere quello di avere ragione o di portare l’interlocutore verso le proprie ragioni. Questo è una conseguenza del fatto che non esiste un ordine del giorno in una libera lista informatica di discussione. Parte uno con uno spunto e a raffica arrivano delle risposte quasi sempre estemporanee. La discussione non ha oggetto predeterminato e funzionale al raggiungimento di un obbiettivo. Se ci sono persone che sanno argomentare, esce qualcosa di costruttivo, ma che comunque rimane lettera morta se non c’è poi qualcuno in grado di tradurle politicamente in linee guida di azione sindacale o in progetti realizzabili attraverso la rappresentanza legittima.

Le seconde, le aule del sindacato, sono per lo più vuote, tranne i pochi accoliti che ne hanno fatto una ragione di vita o di carriera. Tutti noi, per lo stile di vita che abbiamo, dobbiamo ottimizzare il tempo libero a casa, poiché nei dieci giorni statistici che ci sono concessi c’è quella cosa che non può essere messo tra parentesi e che si chiama vita. Per cui famiglia, amici, hobbies e quant’altro fanno si che il tempo disponibile per la rappresentanza effettiva sia realmente ridotto.

Così, la frequentazione del sindacato è appannaggio di chi ha dei giorni assegnati dall’azienda che vengono peraltro anche ben retribuiti. Il circuito diventa in tal modo sempre più auto-referenziale. Le stesse persone tendono a frequentarsi, ad impostare i problemi da un punto di vista particolare, seppure in buona fede, già per il solo fatto che non vi sia un contraltare alle loro prese di posizione.

E anche se la diffusione di mezzi informaticamente molto evoluti potrebbe rendere praticabile l'ipotesi di assemblee (non necessariamente simultanee) dove ognuno porta, per via informatica, una mozione che possa essere valutata dagli altri rappresentanti con calma, ma con dei limiti di tempo assegnati, allo stato attuale delle cose, tra l’affollamento caotico delle liste informatiche e il vuoto surreale delle aule sindacali, vediamo che i piloti hanno problemi di spazio politico.

Quale è la vera agorà dove portare avanti delle rivendicazioni, o anche solo riflessioni, che abbiano carattere generale? Per il momento, nessuna.

(2 dicembre 2009)