Limitare le conseguenze

Scritto da Antonio Chialastri

Stampa

Come già ci è capitato di far notare, si è visto che nelle operazioni normali i piloti, ed in generale gli operatori di front line (o sharp end), di solito effettuano degli short cut, delle scorciatoie, che tendono ad ottimizzare la prestazione riducendo il carico di lavoro.

Tutto ciò viene effettuato sulla base della professionalità, che permette di valutare caso per caso la necessità di modificare, omettere, integrare le norme di lavoro codificate. Ne risulta un modus operandi molto simile ad un iceberg di cui è visibile una parte minima. La parte sommersa di questo iceberg di conoscenze non viene solitamente a galla per il semplice fatto che di solito non succede nulla.

La tecnologia, fornendo molte ridondanze sistemiche, involontariamente occulta una serie di falle conoscitive degli operatori, sia inducendo alla complacency sul buon funzionamento degli automatismi, sia surrogando in estensione una serie di operazioni sempre più vasta. Dunque, siamo veramente sicuri che la deviazione dalla norma, in sé e per sé, sia la causa dell’incidente?

Non bisogna dimenticare che vi sono aspetti, non solo psicologici o procedurali, ma organizzativi, economici, politici che spingono ad attribuire all’errore dell’operatore finale la causa determinante dell’incidente.

I costi enormi di retro-fit, cioè di adeguamento con manutenzione straordinaria di un aereo che è nelle flotte della maggior parte delle compagnie aeree, comportano delle pressioni, non sempre consapevoli, affinché vengano tenuti fuori dalla portata dell’investigazione anche i fattori di progettazione.

Se l’investigazione determina che l’incidente è dovuto a politiche aziendali o omissioni da parte dei manager, come nel caso dell’incidente della compagnia argentina LAPA, descritta efficacemente dal film-documentario “ZRW” di Enrique Piñeyro, questo comporta pesanti conseguenze legali ed economiche.

Spesso si ricorre perciò all’individuazione del capro espiatorio, che è molto più agevole, anche perché spesso il “responsabile” ormai non è più in grado di difendersi.

Quali indicazioni possiamo ricavare da queste considerazioni riguardo la mitigazione di errori già commessi?

Tra le nostre risorse rientrano:

La leadership del comandante, in qualità di capo equipaggio e di responsabile della condotta dell’aereo, ma anche come figura di riferimento che gli altri prendono ad esempio e dal quale si aspettano dei comportamenti in linea con l’obbiettivo della missione;

L’assertività degli altri membri di equipaggio, che devono non solo eseguire, ma integrare il lavoro degli altri membri di equipaggio, supportandoli con suggerimenti, critiche e all’occasione sostituirli nei compiti assegnati se essi non sono in grado o se sono impegnati con altre necessità.

La competenza tecnica. La conoscenza dell’ambiente, delle procedure operative, della tecnologia che si sta utilizzando, permette di avere un repertorio più vasto nel rispondere alle sfide dell’ambiente, che spesso si manifestano in modi imprevisti. Come abbiamo visto a proposito di Resilience Engineering, l’organizzazione deve essere allo stesso tempo flessibile e robusta. La flessibilità proviene essenzialmente dall’elemento umano che può adattare la propria prestazione in funzione del contesto operativo.

Vi sono poi altri fattori, che derivano da una corretta gestione delle risorse umane disponibili a bordo, e che rientrano a pieno titolo nella tematica CRM (Cockpit Resource Management), che meritano senz'altro un ulteriore approfondimento: accenniamo qui soltanto ad alcuni aspetti fondamentali:

antonio.chialastri(at)manualedivolo.it

(27 giugno 2012)