Bisogna saper perdere

Scritto da Roberto Malaguti

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Motivazione: espressione dei motivi che inducono un individuo a compiere o tendere verso una determinata azione. Da un punto di vista psicologico può essere definita come l'insieme dei fattori dinamici aventi una data origine che spingono il comportamento di un individuo verso una data meta; secondo questa concezione, ogni atto che viene compiuto senza motivazioni rischia di fallire (Wikipedia).


Non sono uno psicologo, neanche un esperto in human factor: sono solo un pilota. Nella mia vita ho vissuto un po’ tutto quello che può succedere ad un pilota, escluse le emergenze serie (speriamo duri…); ho quindi sviluppato una grande fiducia nella tecnica delle costruzioni aeronautiche e nelle capacità di sopravvivenza del mezzo agli errori umani. Le “strizze” memorabili sono sempre venute a causa del fattore umano, mio personale o indotto dagli altri.

Credo fermamente che i piloti, siano una delle categorie in cui il livello di motivazione al lavoro è più alto. A me piace volare, ritengo quindi che poter fare una cosa che mi piace, sia di per sé una grande motivazione (ma forse non sono per questo un osservatore obiettivo). Bisogna di sicuro non generalizzare, ci sono piloti cui volare non piace, o non piace più, cosi come ci sono medici che vorrebbero aprire un ristorante e stimati professori che sognano di darsi alla danza del ventre, magari dopo una carriera partita all’insegna della totale dedizione alla causa e finita nella disillusione.

La motivazione al volo non è in genere fine a se stessa, ma una motivazione composta, ovvero il risultato di una serie di fattori dinamici il cui risultato finale è costituito dalla volontà di volare, di portare a termine il compito, condurre con successo la missione. Nel grande minestrone della “voglia di volare” oltre al puro piacere di poter ammirare il mondo ed i suoi abitanti dall’alto dobbiamo considerare diversi componenti, cito senza un ordine particolare:

Fattori questi ultimi due da non sottovalutare, che presentano aspetti positivi (a volte) ma anche potenzialmente disastrosi.

Ci sono poi altri fattori che hanno pari potenzialità, nel far pendere il piatto della bilancia, verso il “GO o il “NO GO”:

Tutte considerazioni queste che si disconoscono nelle belle giornate di sole e si mettono invece in vorticoso movimento nella testa del C.d.A ( Comandante di Aeromobile) quando il tempo vira al nero pesto.

La legge di Murphy, infame, non cessa di avere la sua valenza universale e proditoriamente assegna la missione della massima importanza (reale o sentita tale) proprio quando le condizioni meteorologiche vanno verso la sera da tregenda. La miscela esplosiva si va quindi formando nella mente del C.d.A e del suo staff (equipaggio):

Spesso lo sviluppo delle considerazioni si avvolge su se stesso in una spirale in cui ogni elemento giustifica se stesso ed il successivo, fino alla decisione in apparenza logica e ponderata ma che deriva in realtà da preconcetti e punti di vista acritici, proprio perché derivati dalle considerazioni pregresse. A questo punto la risposta non può che essere “devo andare”, e le relative conseguenze possono essere facilmente letali.

Qui gli esperti di Sicurezza Volo parlano di “catena degli eventi” e della necessità di spezzarne l’anello fondamentale per evitare l’epilogo o almeno i suoi aspetti più nefasti. La mia visione è più semplice, ma ripeto io non sono un esperto di SV, né uno psicologo. Molti, forse tutti, di sicuro troppi di noi, tendono a vedere nella vita una sfida continua, una gara contro qualcuno o qualche cosa. Forse è inevitabile, genetico, oppure dovuto al nostro modello di sviluppo, non credo si possa fare molto in merito, non certo cambiare l’umanità o le dinamiche sociali, non ora e non qui. Allora dove si trova la risposta?

Dando per scontato che la vita in generale, e l’assolvimento del compito di volo in particolare, sia una gara, allora come tutte le gare, come tutte le competizioni a cui si partecipa, mettercela tutta, tutta la propria personalità, la propria esperienza e la propria professionalità, ma prima di tutto riconoscere che a volte si vince e a volte no.

Imparare a saper perdere, accettare le sconfitte: per le rivincite ci sarà presto altro tempo…

(29 novembre 2014)