La felicità? Un obbligo.

Scritto da Ivan Anzellotti

Stampa

Oggi sono andato dal dottore per un raffreddore. Poco prima di andare via mi ha chiesto come sto, se va tutto bene o se ho qualche problema da raccontargli. Ora, a parte il raffreddore, che rischia di farmi scoppiare le orecchie mentre volo, sto benone. Però…


...però ho fretta di andare a casa, perché col fuso orario differente, ora che vivo dall'altra parte del mondo, si avvicina il momento migliore per telefonare a mia moglie che è rimasta in Italia.

Il dottore mi vede un po' nervoso e allora mi domanda se è stressante tornare a casa solo una settimana al mese e vedere la famiglia per così pochi giorni. E io gli spiego che non è una questione di stress, ma che mi dà tristezza stare cosi lontano dagli affetti e non vedere i bambini crescere, ma appunto faccio il sacrificio per loro perché in Italia ormai non c'è più lavoro.

Così mi chiede se penso di ritornare a vivere in Italia un giorno, ma questo è l'ultimo dei miei pensieri, proprio ora che ho il contratto in scadenza tra due mesi, e la compagnia  non mi ha ancora fatto sapere se lo rinnoverà o no. Continuo poi a spiegargli che qualche piano alternativo ce l'ho ma alla mia età, e non essendo ancora comandante perché con i contratti stagionali continuo a cambiare spesso compagnia, è impossibile farsi assumere in Europa.

A questo punto il dottore mi vede un po' pensieroso, mi invita a sedermi di nuovo e continuiamo a parlare dei miei programmi futuri. Mi ricorda che prima o poi quella operazione di ernia inguinale devo farla, non posso aspettare di andare in pensione, potrebbe essere troppo tardi.

Gli spiego che per il momento non se ne parla: se apro malattia mi decurtano la giornata di lavoro dallo stipendio e un mese di riposo a casa è un lusso che non mi posso permettere. E alla pensione meglio anche non pensarci, tanto i contributi non me li paga nessuno, per questo sto cercando di mettere via più soldi possibile adesso.

Il dottore si scusa per la domanda, si è reso conto che non sono affari suoi, ma mi vede un po' depresso e quindi si sente in dovere di aiutarmi: mi dà perfino il numero di un suo amico, è uno psicologo, e dice che quando mi sento un po' giù posso chiamarlo a nome suo, una chiacchierata con me la farebbe di sicuro.

Non so, non ci avevo mai pensato, ma di certo fare il pilota oggi non è facile. E io comunque sono fortunato, non come quel mio collega che si è dovuto aprire un mutuo per pagarsi il corso e non finirà mai con quelle rate.

Ora però devo proprio andare. La giornata è quasi finita e domani ho un volo alle 3 di mattina. Devo ancora chiamare a casa e poi devo passare almeno un paio d'ore a studiare: tra qualche giorno ho il check semestrale al simulatore con un esaminatore tosto, se non lo supero è la fine.

Mentre aspetto l'ascensore penso che forse il dottore potrebbe essersi fatto una idea sbagliata di me, in fondo neanche mi conosce bene… ci mancherebbe solo che mandasse un rapporto negativo alla compagnia, così poi è capace che mi mettono a terra per una settimana.

Così torno indietro, busso e entro di nuovo nel suo ambulatorio: “Volevo solo tranquillizzarla, in effetti la mia vita è perfetta, sono molto soddisfatto di quello che faccio e mi sento incredibilmente felice, non c'è proprio nulla di cui posso lamentarmi”.

E la prossima volta che mi sentirò male... passerò in farmacia: con un paio di aspirine passa tutto.

(15 aprile 2015)