Corso comando

Scritto da Antonio Chialastri

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Uno dei prolemi di "carriera" più sentiti è il fatto che nell’affrontare la prova decisiva per diventare comandante, un gradino essenziale nella vita professionale di tutti noi, non abbiamo a disposizione prove infinite.

Ognuno di noi ha due possibilità. Se non si va in porto entro le due prove si resta primi ufficiali a vita, e  la carriera è bloccata per sempre.

Particolarmente sconfortante è il caso di coloro che, in seguito a un rapido sviluppo della compagnia, che ha richiesto un maggior numero di comandanti e di conseguenza di addestramenti, ha effettuato il corso comando in età molto giovane, ben prima dei trent’anni. A causa della scarsa esperienza, della non ancora raggiunta maturità caratteriale, di circostanze avverse che possono capitare, costoro si sono giocati le due chances e si sono visti bloccare la carriera per trent’anni seduti a destra. Per molti, questa situazione viene vissuta male.

Un esempio ben assimilabile allo stato d’animo di chi si trova a dover affrontare il corso comando si può leggere in uno degli scritti di Kant: se mettiamo per terra una tavola lunga dieci metri e larga trenta centimetri, difficilmente ci sarà qualcuno che non sia in grado di camminarci agevolmente e di percorrerla da un capo all’altro.

Se però poniamo questa tavola cinquanta metri d’altezza senza nessuna rete di protezione sotto, saranno sempre meno coloro i quali sono in grado di camminarci sopra e di poter camminare da un estremo all’altro. Eppure le dimensioni della tavola sono le stesse.

Proviamo a pensare alla condizione psicologica di un primo ufficiale che si trova a ripetere il corso comando sapendo che questa prova sarà quella decisiva e di fronte a lui ci sarà o il coronamento di un sogno oppure il luogo di non ritorno: primo ufficiale seduto a destra tutta la vita.

Ci sono stati fior di piloti che non sono riusciti a diventare comandanti, quando tutti avremmo scommesso più di qualche lira sulla loro riuscita. Come diceva Napoleone, un generale che non sia anche fortunato non è un buon generale.
Sarà, ma anche Napoleone qualche volta diceva fregnacce.

Chi legge, ovviamente, si starà domandando: ma perché proprio due prove e poi basta? Non è uno spreco di risorse, lasciare che una persona si trovi a lavorare demotivato, senza prospettive di cambiamento, per anni seduto a destra?

Ai posteri l’ardua sentenza. O ai sindacati. Già, perché dietro una persona che non ha completato con successo il corso comando, ce n’è un’altra che spinge per avere la stessa possibilità. Quindi, non è solo un discorso di minor costo per le compagnie aree, ma anche di competizione interna all’interno della categoria dei piloti che si impongono questa spada di Damocle; se accetto la regola dei due tentativi, ho l’opportunità di fare prima il corso comando, sapendo però che, dovessi fallire, corro il rischio di non diventare mai comandante.

(4 luglio 2010)