Questione di ossigeno

Scritto da Antonio Chialastri

Stampa

Con i termini "ipossia" e "anossia" si indicano in medicina rispettivamente la carenza e l’assenza di ossigeno nel sangue: fenomeni che, se non adeguatamente contrastati, si possono manifestare sugli occupanti di un aereo con l'aumentare della quota di volo.


Sappiamo infatti che temperatura e pressione dell'aria diminuiscono in funzione dell’altitudine. La temperatura diminuisce in ragione di 2 gradi Celsius ogni mille piedi di altezza, mentre la pressione, che viene misurata in hectopascal, varia di un hectopascal ogni 27 piedi. Non solo, anche la concentrazione di ossigeno diminuisce gradualmente con l’aumentare della quota.

Il problema fondamentale è che mentre per quanto riguarda la temperatura percepiamo una sua diminuzione, sentendo freddo, con la concentrazione di ossigeno il fenomeno è molto più subdolo. Infatti, non si percepisce una diminuzione del contenuto di aria che respiriamo, ma tutto sembra svolgersi normalmente. Infatti respiriamo, più o meno, regolarmente.

La mancata percezione della carenza di ossigeno è molto insidiosa, perché molecole di ossigeno, che inspiriamo normalmente a livello del mare si riducono gradualmente e costantemente con il crescere dell’altitudine. Questo induce nell’organismo una serie di reazioni che variano da individuo ad individuo, un po’ come se si fosse sotto l’effetto dell’alcol, fino ad arrivare alla perdita di coscienza, poiché l’ossigeno non arriva più al cervello in quantità sufficiente. E' come se il cervello, ad un certo punto, entrasse in funzione stand-by.

Nei primi tempi dell’aviazione, specialmente nelle operazioni belliche, molti piloti precipitavano non perché venissero abbattuti dal nemico, ma perché perdevano il controllo dell’aereo. Furono gli americani ad accorgersi per primi che un certo numero di aerei abbattuti non aveva segni di combattimento sulla fusoliera.

I piloti perdevano il controllo per una serie di motivi, tra i quali gli errori di pilotaggio, ma anche per qualcosa di più misterioso. Si notava in alcuni piloti uno svenimento, che non è proprio una cosa raccomandabile mentre si vola, soprattutto se si è da soli; un po’ come addormentarsi alla guida della propria automobile in pieno giorno in autostrada.

Si cominciò così a sospettare che ci fossero dei problemi che nessuno aveva mai sperimentato prima al livello del mare o nei voli a bassa altitudine. Cosa succedeva nel volo ad alta quota?

antonio.chialastri(at)manualedivolo.it

(29 agosto 2013)