Benvenuti... nel deserto

Scritto da Antonio Chialastri

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I moderni aviogetti sono dotati di sistemi di condizionamento molto efficienti (ECS-Environmental Control System). Il controllo e il mantenimento di una temperatura confortevole e di una adeguata ventilazione (o ri-ventilazione, come abbiamo visto) non sono più quindi un problema al giorno d'oggi.


Resta il problema principale della composizione dell’aria, che come abbiamo già visto è comunque viziata perché soggetta ad un ricircolo, all’interno di un aeromobile in volo, e cioè il basso livello di vapor acqueo presente: detto in termini più precisi, una la bassa umidità relativa (RH- Relative Humidity).

L’aereo è l’ambiente di lavoro dove esiste il più basso tasso di umidità relativa in assoluto. La concentrazione di vapor acqueo è volutamente tenuta a livelli ridotti, tra le altre ragioni, per evitare l’appannamento dei finestrini e, soprattutto, per ritardare i fenomeni di ossidazione e corrosione della struttura interna del velivolo, aumentandone così la sua vita operativa.

Il valore ottimale di umidità di un ambiente varia dal 30 al 70%, e finché si mantiene all'interno di questi valori, l'umidità non è normalmente percepita (eccezion fatta per i calli della nonna) dagli esseri umani. L’umidità relativa dell’aria comincia ad essere avvertita dall’uomo a valori superiori all’80%, come sensazione sgradevole di umido; se viceversa scende al di sotto del 12%, la sensazione è quella della secchezza a livello delle mucose: come trovarsi in un deserto.

Immerso in un ambiente secco, durante un lungo volo l'organismo tende a perdere molti liquidi per semplice traspirazione, e la percezione fisica è quella di avere le mucose del naso secche, gli occhi che si arrossano, la gola secca. Sono tutti sintomi per i quali vi sono contromisure atte a lenire la condizione di disagio, ad esempio, degli spray per umidificare il naso, o delle pomate per tenere il livello di umidità della pelle a valori accettabili o anche semplicemente una caramella da succhiare. ma il vero rimedio di base risiede nel fornire all'organismo i liquidi di cui ha bisogno: in ogni caso, è consigliabile bere almeno un bicchiere di acqua per ogni ora di volo.

Una ricerca eseguita in America utilizzando la banca dati Medline della National Library of Medicine, ha stabilito che il 30% è il limite minimo al di sotto del quale, indipendentemente dalle percezioni fisiche che variano ovviamente da soggetto a soggetto, l'umidità relativa può definirsi “bassa”. Ebbene, l’aria del condizionamento viene prelevata all’esterno (e a 10.000 metri di quota l’umidità relativa è già del 14-16%), successivamente compressa, riscaldata e ulteriormente deumidificata.

L’umidità fornita dall’impianto di condizionamento è quindi estremamente bassa, e data la bassissima umidità relativa è frequente nel personale di volo la formazione di calcoli urinari, dovuti all’aumento dell’attività renale. Gli equipaggi più esposti sono, ovviamente, quelli dei voli di lungo raggio, che devono trascorrere molte ore in questo ambiente arido, ma il ragionamento vale anche per quelli di medio raggio e, sia pure in forma minore, per i passeggeri, soprattutto per i frequent flyers.

Con l’aumento poi della produttività richiesto agli equipaggi in questi tempi di concorrenza sfrenata, il tempo di riposo tra un volo e l’altro è stato portato repentinamente ai minimi legali: ciò comporta che il membro di equipaggio, per poter soddisfare le proprie esigenze di riposo, trascorra la maggior parte di questo intervallo di tempo in camere di albergo perfettamente condizionate, sì, ma con criteri che determinano condizioni di umidità molto simili a quelle che si trovano in volo. Come se non bastasse, molte volte in queste strutture alberghiere, per ragioni di sicurezza e di economia, non vi è nemmeno la possibilità di aprire le finestre per ottenere un salutare ricambio d’aria.

In un turno di lavoro il personale si trova, quindi, a trascorrere fino al 75-80% della durata totale del servizio in ambienti inospitali dal punto di vista igrometrico, con conseguenti danni per la propria salute.

antonio.chialastri(at)manualedivolo.it

(18 gennaio 2014)