Il primo pilota di jet

Scritto da Franco Di Antonio

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Il primo pilota di jet consegna ai lettori appassionati di storia dell’aviazione, ma anche ai tecnici del settore, una documentazione di capitale importanza che va oltre al contenuto scientifico e documentale per metterci di fronte ad un raro esempio di restituzione storica a tutto tondo.


primojetIl lavoro, redatto dal figlio del primo pilota collaudatore responsabile dei voli degli aerei a razzo e poi a turbogetto ci offre una singolare ricostruzione storica di un clima e la rappresentazione dei sentimenti familiari di un’epoca, davvero poco rappresentata in termini di sentimenti individuali nella storiografia nota.

Si tratta anche della rappresentazione dell’affetto di un figlio nei confronti del padre, della vicenda familiare ricostruita dopo aver a lungo intervistato, per scovarne la storia anche intima, il padre alla ricerca dei sentimenti che prova una persona che fa cose di importanza universale per la prima volta. E sorprendentemente ci si trova di fronte ad un aspetto sentimentale, e a volte addirittura allegro, di seri e rigorosi esponenti del mondo teutonico che mai si sospetterebbero portatori di simili caratteristiche.

Diciamo subito che la pubblicazione di questa documentazione va considerata d’importanza fondamentale per la storia dell’aviazione e per la storia del pilotaggio. Ogni studioso del settore deve leggere questo libro che ci svela la storia, a lungo segretissima e poi dimenticata, della nascita della moderna propulsione a reazione (a retro-spinta si diceva allora), sistema che ha completamente cambiato il mondo dell’aviazione, fino ad arrivare alla moderna globalizzazione, al trasporto, ogni anno, di cinque miliardi di passeggeri intorno alla terra a novecento chilometri orari.

Ebbene, tutto è nato in Germania alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, e incredibilmente il primo volo di un aereo a razzo ed il prototipo di un aereo a turbogetto erano già disponibili nell’estate del 1939.

Tramite la testimonianza di Erich Warsitz riusciamo anche ad apprendere particolari personali di eminenti esponenti della storia dell’aviazione e delle vicende del III° Reich. Come non gustare la raffigurazione del visionario Wernher von Braun, del non meno immaginifico Ernst Heinkel, del pioniere asso dell’aviazione Ernst Udet, di Hans Pabst von Ohain, inventore del motore a turbogetto, e di molti altri personaggi che nel libro impariamo a conoscere come personaggi di un romanzo (naturalmente dai risvolti anche tragici), che si dipana fin quasi ai giorni nostri.

Possiamo seguire, quasi giorno dopo giorno, il superamento dei limiti posti dalla propulsione ad elica con motore a scoppio tramite un’invenzione davvero fantascientifica, che magari oggi ci appare del tutto normale, ma pensare all'epoca di poter imbrigliare la potenza di un'esplosione per ottenere propulsione era poco più che follia, infatti, anche in Germania questi scienziati visionari erano tacciati di seguire "voli della fantasia".

Circa l'importanza della documentazione, Lutz Warsitz figlio del collaudatore ed estensore del libro, rileva l'esistenza di molte ricostruzioni fantasiose citando una considerazione del padre che sosteneva che il molto scritto sull'argomento era "condito di stronzate". Davvero impressionante apprendere come già dal 1936 gli esperimenti erano portati avanti tra difficoltà pazzesche e scarsa fiducia del potere.

Addirittura terrificanti i primi esperimenti al banco dell'Heinkel 112 da parte di von Braun e Warsitz: la possibilità di morire durante gli esperimenti era presa seriamente in considerazione, in pratica ad ogni prova. E’ peraltro affermata la lucida convinzione d’essere protagonisti dell'incubazione di un futuro certo e imminente.

Una riflessione euforica dopo ogni scampato pericolo descrive cosa passa per la testa ad un giovane coraggioso quando la fortuna gli arride: "…se poi sopravvivo, allora posso fare quello che voglio nella vita, né alcuna malattia mi potrà mai colpire!".

Si ripercorre anche l'istituzione del poligono sperimentale di Peenemünde da un punto di vista privilegiato e forse inedito. E si leggono d'un fiato i racconti delle prove dello He. 176 e 178, che rappresentano l'inizio di tutto.

Poi questa sindrome d’invulnerabilità (caratteristica di molti piloti), avrà la sua reale rappresentazione nelle vicende della deportazione in Siberia e la successiva rocambolesca fuga, che chiudono la storia "di guerra" di Warsitz.

Il resto racconta brevemente la storia di un uomo fortunato, d'altra parte un elemento indispensabile in un pilota. La conferma viene dalle considerazioni dirette nei diari di Erich, quando cita le misure di sicurezza prese durante le prove dei mezzi sperimentali: "...spesso fummo indotti a rinnegare la sicurezza per il perseguimento dell'obiettivo...".

E ancora: "Credo di essere quello che ha guadagnato di più, come pilota, nella storia dell'aviazione, senza averlo voluto e senza nemmeno averlo dovuto negoziare". E come non citare che durante la sua carriera ebbe la necessità di lanciarsi col paracadute una decina di volte!

Per bocca del figlio Lutz, Erich ci racconta in dettaglio paure e pressioni che comporta il volo di un collaudatore: sono storie da non perdere, almeno per chi vuole capire fino in fondo cosa significa volare, piuttosto che pilotare.

Il libro, corredato da moltissime foto in gran parte inedite, è un entusiasmante testo di storia dell'aviazione... assolutamente da non perdere.


Scheda bibliografica
Titolo: Il primo pilota di jet
Autore: Lutz Warsitz
Editore: LoGisma, 2012
Genere: Biografia
ISBN: 978-88-97530-13-8

(4 marzo 2013)