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Sicurezza a mezzo stampa

Attenzione: apre in una nuova finestra. PDFStampaE-mail

L’opinione pubblica mondiale è affascinata dalla notizia di un incidente aereo. E molti operatori della comunicazione di massa ruffianeggiano volentieri con questa affascinazione. La stessa attenzione, però, non è riservata alla prevenzione che è invece uno degli elementi di forza del trasporto aereo.

Quello che “non” avviene è impossibile da mostrare, così il sistema complesso e costoso che fa dell’aviazione uno dei settori d’attività umane a più alto tasso di sicurezza, semplicemente, non fa notizia: è un fatto scontato, quello che si dice un biglietto d’ingresso, punto e basta. Eppure la percezione della sicurezza fa parte della storia dello sviluppo aeronautico.

Già dopo la prima guerra mondiale si cercò di rassicurare gli utenti sviluppando la sicurezza delle operazioni, e il miglioramento ovviamente non fu solo virtuale ma sostanziale. La sicurezza divenne realmente una delle basi del trasporto aereo. Del resto, un aereo è esso stesso un cartellone pubblicitario viaggiante: basta un aereo che sorvoli un luogo qualsiasi per vedere la gente alzare lo sguardo verso il cielo e godere dell'incredibile spettacolo di un oggetto che vola grazie alla volontà ed alla tecnica umana.

I governi in tutto il mondo hanno emesso regole e posto in atto controlli per favorire la necessità di sicurezza richiesta per trasformare un’attività da saltimbanchi in un affare economicamente sostenibile. I media hanno avuto un ruolo importante nel propagandare le attività di industriali, imprenditori e persone note che con laute spese si servivano del mezzo aereo.

Il mezzo della comunicazione di massa più efficace in assoluto si è rivelato la televisione, che ai giorni nostri può essere superata solo da internet. In tutti i casi, l’audience che assicura la morte e la distruzione appare quasi inevitabile per catturare l’attenzione di esseri umani che percepiscono questo paradosso della vita come il più importante... e dire che già dalla nascita sappiamo che dobbiamo morire. Tuttavia, l’eventuale come e quando è un concetto di fascino totale. Così, il macabro intrattenimento della morte è spesso usato con truculenta passione da operatori della comunicazione privi di scrupoli e di fantasia.

Pensate alla differenza che passa tra una notizia che riferisce senza troppi dettagli un incidente aereo avvenuto in mare, e un'altra che favoleggia di squali che sbranano cadaveri galleggianti. Le due modalità di rappresentazione raccontano del medesimo incidente e la notizia dal punto di vista tecnico è la stessa, ma l’attenzione ai particolari raccapriccianti (veri o falsi poco importa), sarà molto diversa.

Negli Stati Uniti (dove il dibattito su questi temi è sempre vivace) si è detto che il Fox Network avrebbe considerato l'idea di far precipitare intenzionalmente un Jumbo per poter mostrare in diretta l’evento. L’esperimento avrebbe potuto mostrare quale resistenza alla gogna mediatica fose in grado di raggiungere un aereo per altro veramente popolare. Senza dubbio i dati d’ascolto sarebbero schizzati al cielo, e schiere di “esperti d’aviazione” sarebbero comparsi alla ribalta, per il loro quarto d’ora di fama. Cosa di meglio di un immenso rogo, di uno spettacolare disastro di un aereo famoso, senza un colpevole da indicare?

In effetti, ognuno di noi, se intavola una discussione sull’argomento, è in grado di ricordare uno specifico incidente aereo. Su queste debolezze umane pascolano alla grande i media: per svolgere il loro ruolo di informazione, ma anche, più semplicemente, per attirare attenzione. Per esempio è piuttosto noto che le aziende costruttrici di aerei preferiscono che sui media si parli degli errori dei piloti piuttosto che delle cause tecniche di un incidente, peraltro sempre molto complicate ed insidiose da spiegare.

Ma torniamo allo “spettatore”: quante persone conosciamo che sono state coinvolte in orribili incidenti stradali? E’ sufficiente ripetersi la medesima domanda per gli incidenti aerei e la percezione di queste tecniche può divenire più evidente.

Facciamo un esercizio di memoria. Molti ricorderanno l’incidente che coinvolse il volo TWA 800 (un B-747) al largo delle coste newyorchesi con 230 morti nel luglio del ’96; e moltissimi ricorderanno il più grave incidente della storia dell'aviazione, la collisione di due B747 con 583 vittime nel marzo del 1977, avvenuta al suolo nell’aeroporto di Tenerife. Ma quanti ricordano il più grave incidente “in volo” della storia, capitato nel novembre del 1996, quando sempre un B747 ebbe una collisione in volo con un aereo russo, un Ilyushin Il-76 causando la morte di 349 persone?

Il peggior incidente “in volo” della storia è in concreto sconosciuta. Non lo ricordiamo semplicemente perché la nortizia non fu diffusa con enfasi dai media. Per esempio il Boston Globe la riportava a pagina 8, e d’altra parte riguardava un aereo saudita ed uno kazaco sui cieli dell’India... un po’ di razzismo non guasta mai in questi casi.

Così oggi il rischio è che la sicurezza si possa fare semplicemente “non facendo avvenire” gli incidenti (basta non menzionarli), o viceversa, dando estrema pubblicità a ragioni e cause non accertate e tendenziose.

Ogni riferimento alla ridda di illazioni e di frettolose conclusioni sull’incidente del volo 447 di Air France è puramente casuale.

(28 maggio 2011)

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