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Pareggio in forse, Sabelli in bilico

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Quarantaquattresima puntata del dossier Alitalia CAI, per gentile concessione di Felice Saulino www.felicesaulino.it
Fissato inizialmente per il 2010, poi rinviato al bilancio 2011, il pareggio Alitalia è diventato un miraggio.

Il deficit registrato nel primo trimestre dell’anno, sommato alla congiuntura petrolifera e all’esplosione dei costi del carburante, stanno allontanando l’obiettivo. Senza un miracoloso boom del traffico nel terzo trimestre, il pareggio operativo diventa irraggiungibile.

È un grosso guaio per i patrioti CAI, perché un altro bilancio in rosso potrebbe spingere Air France ad abbassare il prezzo dell’offerta d’acquisto proprio nel momento peggiore, il 2012, che è l’anno dell’ultimo esercizio affidato agli soci della cordata tricolore prima della fine del lock up: il divieto di vendita delle loro azioni.

Con un bilancio operativo ancora in rosso, i francesi, che di fatto già controllano l’ex compagnia italiana di bandiera, potrebbero giocare al ribasso con un “prendere o lasciare” che manderebbe in fumo i sogni di plusvalenza degli azionisti CAI. È una prospettiva che toglie il sonno a più d’un patriota da tempo in fibrillazione per il mediocre andamento del giocattolo regalato nel 2008 da Berlusconi. Anche perché questa volta la cordata tricolore non potrebbe più contare sull’aiuto e sulla protezione d’un premier logorato dagli scandali e politicamente agonizzante.

E allora ecco spiegati i rumors che danno su un’uscita di scena di Napoleone Sabelli subito dopo l’estate, comunque prima della presentazione di nuovi dati di bilancio e dell’annuncio d’un altro rinvio del pareggio operativo.

Smentita più volte dai suoi più stretti collaboratori, la voce delle dimissioni di Sabelli continua a girare. Anche perché il feeling dell’ad con Calaninno è finito e i rapporti con alcuni azionisti sono ai minimi termini. Per esempio quelli con l’ineffabile Carletto Toto che, incurante del patto di non concorrenza firmato al momento della cessione della sua AirOne a Cai, adesso ha messo gli occhi su Livingston, compagnia di charter in amministrazione straordinaria, attratto da una fidejussione di quasi dieci milioni di euro garantita dallo Stato e già autorizzata da Bruxelles.

Comunque sia, lo scioglimento della cordata Alitalia è già cominciato. A metà maggio se ne sono andati i fratelli Fratini, grazie al trattamento di favore riservato loro da Intesa San Paolo che ha ridato ai due la stessa cifra (15 milioni di euro) che avevano sborsato nel 2009 per acquistare l’1,33 per cento di CAI. L’episodio ha reso ancora più tesi i rapporti tra i piccoli che non vedono l’ora di andarsene. Ma anche big come Benetton danno crescenti segni di disaffezione.

La verità è che nonostante tutti i favori del governo e la cura dimagrante imposta da Colaninno e Sabelli, la nuova Alitalia privata perde esattamente come quella pubblica guidata da Cimoli: un milione al giorno.

Giovanni Bisignani, numero uno della IATA (l’associazione internazionale del trasporto aereo) ed ex amministratore delegato dell’Alitalia, fa un’analisi impetosa: “Una compagnia di queste dimensioni non sopravvive… L’unica strada è il consolidamento con altre compagnie.” Infatti il ragionier Colaninno, in occasione del vertice IATA, ha confessato: “Stiamo studiando una soluzione innovativa che tuteli anche l’interesse nazionale”.

La “soluzione innovativa” sarebbe una superholding quotata a Parigi frutto della fusione tra Alitalia ed Air France-KLM con due, massimo tre consiglieri italiani. Se ne sarebbe parlato mercoledì 22 giugno a Milano, in occasione di un “vertice tecnico”. La “pratica” è da tempo allo studio dell’avvocato Sergio Erede, advisor di Alitalia in tandem con Gerardo Braggiotti, patron di Banca Leonardo.

Articolo pubblicato su www.felicesaulino.it sotto licenza
Creative Commons, riprodotto per gentile concessione dell'autore

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