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La ritirata dei patrioti

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Quarantacinquesima puntata del dossier Alitalia CAI, per gentile concessione di Felice Saulino www.felicesaulino.it
Una super-holding per passare ad Air France.

Meridiana si è fusa con Eurofly e –almeno per il momento– ha evitato il fallimento. Chi aveva creduto che Alitalia potesse essere realmente interessata a rilevare la compagnia aerea dell’Aga Khan è stato smentito dai fatti.

Certo, sulla carta, la società gestita dai patrioti (ormai ex) avrebbe avuto tutto l’interesse a rafforzarsi assorbendo (per un tozzo di pane) la concorrente sarda sull’orlo del fallimento, ma la sua situazione finanziaria glielo ha impedito.

La nuova Alitalia non ha un soldo. Nonostante gli spot sull’avvenuto risanamento e le promesse di un prossimo pareggio operativo, continua a perdere 28 milioni di euro al mese, come ha confessato qualche giorno fa un azionista al quotidiano romano “Il Messaggero”. Questo costringe l’amministratore delegato Sabelli a fare i salti mortali per andare avanti, pagare gli stipendi e tenere buoni i fornitori. Fino a quando?

Inutile cercare di approfondire. I bilanci della compagnia patriottica sono praticamente secretati. Provare per credere: basta andare sul sito della banca dati delle Camere di Commercio e digitare “Alitalia bilancio”. Dopo una breve attesa, ecco apparire una decina di società con questo logo. Scartate quelle che facevano parte della vecchia compagnia di bandiera fallita e affidata al commissario Fantozzi, che si è appena dimesso, restano sette-otto sigle nate dopo la “privatizzazione” e che quindi dovrebbero far capo ai “patrioti”. Ma se uno va a cliccarci sopra, ecco la sorpresa: sono tutte senza bilancio. Possibile?

Possibile. La spiegazione è che, grazie a una sapiente opera di “spacchettamento”, la società “B”, nata da uno scorporo della società “A” avvenuto qualche mese dopo la costituzione della società madre, non ha ancora maturato il tempo necessario per maturare e depositare il suo primo bilancio. E così via.

Ingegneria finanziaria a parte, è evidente che di questo passo, anche il traguardo del 2012, l’ultimo anno di gestione CAI prima della fine del divieto a vendere le quote, sembra difficile da raggiungere.

Allora, complice l’estate, si cerca di accelerare il passaggio ad Air France. Qualche giorno fa, a Milano, Colaninno ha incontrato Spinetta (numero uno del colosso d’Oltralpe) per affrontare gli aspetti legali dell’unione. Il dossier è da tempo all’esame di uno dei maggiori studi legali italiani: Bonelli, Erede, Pappalardo. I patrioti, o –almeno– quelli che tra loro contano veramente, hanno pure scelto il loro advisor: la banca Leonardo & C di Gerardo Braggiotti.

La soluzione a cui stanno lavorando banchieri, avvocati, consulenti e rappresentanti italiani e francesi è la nascita di una “super-holding” che controllerà Alitalia ed Air France-Klm con sede legale a Parigi e quotazione alla Borsa della capitale francese. Un modo (la super-holding) per mascherare la cessione del vettore italiano e consentire agli azionisti CAI di vendere subito e senza i problemi e i vincoli dell’accordo sottoscritto tre anni fa a Roma.

Il punto è tutto qui. Perché i “patrioti”, che nel 2008 obbedirono a Berlusconi per “salvare” l’Alitalia in nome dell’italianità della nostra compagnia di bandiera, adesso, a meno di tre anni da quell’operazione sognano una sola cosa: la ritirata.

Le ragioni sono tante: le condizioni economiche non proprio floride di alcuni soci (vedi Ligresti), l’insofferenza di big come i Benetton che hanno già svalutato la loro partecipazione, le preoccupazioni dei piccoli azionisti preoccupati per le perdite della compagnia che continuano ad essere (euro più, euro meno) quelle della vecchia Alitalia gestita dall’IRI.

E poi, c’è il dato di fondo: la debolezza del governo, il discredito e l’implosione della maggioranza, l’agonia (politica) d’un Berlusconi che non appare più in grado di pagare cambiali e distribuire favori ad amici e sodali.

Intanto Air France si prepara a raccogliere le spoglie dell’Alitalia.

Dal momento che ha già svalutato la sua partecipazione nella compagnia italiana, Spinetta cercherà di prendersela per pochi soldi. Comunque, a un prezzo notevolmente più basso di quello che tre anni fa mise nel piatto di Prodi per rilevare il cento per cento dell’azienda. Ma lo scontro sul prezzo (che è in corso) difficilmente farà saltare l’operazione, perché ai francesi interessano le rotte e il mercato italiano e perché da tre anni a questa parte le scelte (industriali) di Colaninno e Sabelli hanno trasformato la nuova Alitalia in un vettore regionale. Un contenitore perfetto per essere assorbito senza problemi da una grande compagnia aerea.

Articolo pubblicato su www.felicesaulino.it sotto licenza
Creative Commons, riprodotto per gentile concessione dell'autore

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