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Le lezioni di AF 447 - III

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III - Che un'incidente come quello di AF 447 dia origine a un'inchiesta lunga e accurata, della quale ci stiamo occupando da tempo e che, si noti, non è ancora arrivata alle conclusioni definitive, è cosa che appare del tutto logica e normale.

Quello che forse il grande pubblico ignora è che, in campo aeronautico, anche un incidente solo lontanamente sfiorato, un inconveniente apparentemente di poco conto, o un'avaria trascurabile ma ripetitiva, se adeguatamente riportati, possono mettere in moto un'indagine di sicurezza, le cui risultanze sono poi utilizzate per emettere raccomandazioni e prescrizioni all'indirizzo di progettisti, costruttori, compagnie aeree, tecnici, piloti e istruttori.

Ebbene, in diverse occasioni di questo genere ci si è accorti che nutrite schiere di ingegneri e tecnici, muniti dei più moderni mezzi di analisi, hanno impiegato diversi giorni a capire esattamente le ragioni di un evento con il quale i piloti si erano dovuti confrontare nel breve volgere di pochi minuti.

Uno di questi casi, divenuto proverbiale, arrivò a spiegare la brusca depressurizzazione di un aereo con una manovra che i piloti avevano effettuato, tramite computer di bordo, su alcuni... apparati di radionavigazione. Si trattava di un bug informatico: uno di quelli che sul vostro computer di casa causano la famosa “schermata blu”, e che in volo aveva provocato l'effettuazione di una discesa di emergenza.

Questo la dice lunga sul livello di complicazione e di stretta interrelazione tra i dati che esiste oggi a bordo di un aereo iperautomatizzato. E' vero: su un aereo di ultima generazione i piloti possono avere a disposizione una quantità di informazioni che definire impressionante è poco, ma più di un dubbio viene avanzato circa la reale possibilità di processare coerentemente tutti questi dati in tempi operativamente accettabili, spesso pochi secondi. Senza contare il fatto che, in caso di degrado dei sistemi, diventa estremamente difficile capire quali siano i dati affidabili e quelli che bisogna viceversa scartare.

La confusione dell'equipaggio di AF 447 di fronte all'incoerente funzionamento dell'avvisatore di stallo è esemplificativa di questo problema, e non a caso la sua trattazione in sede di indagine ha costituito motivo di aspro scontro tra le associazioni professionali dei piloti francesi e il Bureau d'Enquêtes et d'Analyses.

Si è detto che l'installazione di uno strumento capace di indicare ai piloti il cosiddetto “angolo di attacco” (cioè l'angolo relativo col quale l'aria colpisce l'ala) avrebbe senz'altro aiutato l'equipaggio, e il BEA ha anche emesso una raccomandazione in tal senso. Ma l'opinione di numerosi piloti, soprattutto i più esperti, quelli che hanno avuto l'occasione di volare anche sulle macchine “vecchie” (virgolette d'obbligo, perché molte di queste macchine solcano ancora i cieli del mondo) è radicalmente diversa.

I dati da analizzare, si sente spesso sostenere nelle discussioni tra piloti, sono già troppi e non sempre (soprattutto in un'emergenza catastrofica, ma anche in più normali momenti di sovraccarico operativo) facilmente interpretabili. Più che aggiungere un “numerello” in più, sarebbe forse il caso di rivedere l'impostazione progettuale di certe macchine di ultimissima generazione, in modo di renderle più facilmente dominabili dall'umano delegato a costituire l'ultima barriera tra una défaillance (qualunque essa sia) del sistema e un disastro aereo.

E' un caso esemplare di divario tra approccio progettuale e approccio operativo, una ulteriore sfaccettatura della “storica” divergenza tra pensiero ingegneristico e pensiero pilotesco.

E tuttavia è un divario destinato a non essere colmato tanto facilmente, se si pensa che le soluzioni d'avanguardia venutesi ad affermare negli ultimi decenni hanno dimostrato di avere, agli occhi dell'industria, il notevolissimo pregio di generare considerevoli economie.

III (continua)

(2 settembre 2011)

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