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Noi lo sapevamo...

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Un aeroplano da trasporto civile è potenzialmente un’arma temibile, e i piloti sono da sempre coscienti di tale fatto. Nelle chiacchiere che si fanno a margine di una giornata di lavoro, chi può negare di aver mai detto che, prima o poi, si sarebbe gettato sul Parlamento con il suo 747 per togliere di mezzo quella massa di sanguisughe?

Battute scherzose, certo, magari pesanti, ma pur sempre battute, senza nessun possibile piano di distruzione alle spalle. Eppure l’impensabile alla fine è accaduto: qualcuno, in qualche parte del mondo, ha fatto il corto circuito tra fantasia e realtà. Qualcuno, in qualche parte del mondo, ha messo insieme l’attentatore suicida, il dirottamento aereo, e la potenza di un aereo di linea.

Certo passare dalla fantasia alla realtà non è cosa da poco. Bisogna mettere insieme gente che sa dirottare un aereo, pilotarlo e avere la forza dirompente del suicida: l’arma potenzialmente più distruttiva che si possa immaginare, l’unica vera arma intelligente. Per il resto non ci vuole poi una gran fantasia per capire che un oggetto del peso di molte decine di tonnellate e che contiene migliaia di litri di cherosene, lanciato ad ottocento chilometri orari, è un oggetto potenzialmente molto distruttivo.

Mi sono sempre chiesto com’è avvenuto questo corto circuito, sta di fatto che presto o tardi qualcuno ci avrebbe pensato. Certo, nessuno poteva immaginare che si potesse mettere in pratica una cosa da fantascienza nel paese che più si protegge contro il terrorismo, e nessuno l’ha mai minimamente ipotizzato, neanche negli scenari più catastrofici. Nessuno... eccetto i piloti, sebbene per scherzo.

Veramente durante la seconda guerra mondiale i Tokkotai, le squadre speciali d’assalto note come kamikaze, avevano dato l’esempio. Però con aerei da guerra e durante una guerra dichiarata, e non è così automatico pensare anche ad aerei civili per svolgere missioni simili in tempo di pace. Eppure è accaduto.

Io ero a casa, verso le tre del pomeriggio, e i miei figli stavano guardando un programma di cartoni animati alla televisione. Ad un certo punto protestano perché era successo qualcosa alla televisione ed il programma che stavano vedendo non si poteva più sintonizzare. Un po’ scocciato vado a vedere cosa stia capitando e vedo una delle Torri Gemelle di New York che emette un’imponente colonna di fumo nero.

Ci metto un po’ a comprendere che si tratta di un collegamento in diretta televisiva, un altro attentato al WTC? Tra scritte in sottotitolo e commenti di un impacciato telecronista si capisce che c’è stato un attacco ai grattacieli noti come Torri Gemelle nel distretto meridionale di Manhattan, però all’inizio è tutto irreale, si capisce veramente poco, nessuno riesce a fare il cortocircuito che qualcuno aveva fatto chissà dove.

Solo dopo molto tempo s’inizia a parlare di Stati Uniti sotto attacco, le notizie si accavallano, decine di aerei sarebbero sotto controllo di dirottatori, un altro aereo avrebbe colpito il Pentagono. Di fronte agli occhi di tutti arriva un secondo aereo e si schianta contro la torre superstite, e la sensazione è la stessa di prima: incredulità. Il telecronista non riesce a spiegare, io penso ad un replay dell’evento precedente, lì per lì non realizzo che un secondo aereo è stato gettato contro il secondo grattacielo. Soltanto dopo un tempo che non so dire quanto lungo inizio a capire che le due torri sono state colpite volontariamente da aerei.

M’incollo alla televisione, ma nessuno riesce a spiegare nulla e le immagini pur in diretta, pur chiarissime, non sono ricevute in maniera corretta, e io non riesco a capire cosa succede: è tutto così irreale che la mente si rifiuta di capire... Eppure è tutto così chiaro, noi l’avevamo sempre saputo che si poteva fare, ma di fronte alla realtà in diretta neanche il più cinico professionista riesce a rendersi conto di quello che sta accadendo.

Poi una delle torri viene giù, e finalmente capisco, mi collego alla realtà: hanno abbattuto una delle torri. Il telecronista, è ancora in bambola neanche riesce a dire al pubblico ciò che sta avvenendo, non si rende conto che la prima torre è crollata.

E io spero ardentemente che la seconda non venga giù. C’ero stato un sacco di volte: in particolare c'ero passato in viaggio di nozze, e le foto di quel viaggio memorabile erano state aggiunte al “libro” del matrimonio.

Improvvisamente mi proietto dentro le torri, penso alla miriade di persone imprigionate in quell’inferno senza possibilità di scampo, penso ai colleghi in volo in quel momento, a cosa stiano passando, dirottati in aeroporti sconosciuti, mescolati con i caccia della difesa aerea che non sanno neppure loro bene cosa fare, a combattere col carburante agli sgoccioli e diretti da qualche parte sconosciuta pur di atterrare...

Rimasi fino a tarda sera a seguire la catastrofe ormai in diretta anche con il cervello, finalmente resosi conto dell’orrore. E’ vero quello che è stato poi detto, in quel momento ci siamo sentiti tutti americani, almeno per me è stato così.

Per me è stato poi impossibile andare a visitare ground zero, pur essendo tornato a New York poco tempo dopo, non me la sono sentita di andare sul posto. Ci sono potuto tornare solo sette anni dopo, qualche tempo dopo essere andato in pensione, per accompagnare i miei figli sul posto, durante una vacanza in America. L’angoscia di visitare quell’immenso buco, quella ferita incancellabile dalla memoria della città, è stata in ogni caso grande.

Il lascito di quei fatti ai piloti di tutto il mondo è stato la procedura Renegade, cioè il protocollo di sicurezza che prevede che un aereo senza comunicazioni valide o dirottato sia scortato da caccia armati della difesa aerea che in caso di necessità possono procedere all’abbattimento dell’aereo prima che diventi pericoloso.

Così, tra l’altro, i terroristi hanno avvelenato anche il nostro mondo, ed ora non possiamo più neanche scherzare sui nostri parlamentari, sebbene…

(10 settembre 2011)

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