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Le lezioni di AF 447 - IV

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IV - E' di questi giorni la notizia che Astrium (una compagnia facente capo, come Airbus, al consorzio EADS - European Aeronautic Defence and Space Company) prevede di commercializzare nei primi mesi del 2012 un sistema satellitare capace di trasmettere a terra in tempo reale i dati di volo degli aerei.

Si chiama ADS (Airborne Data Service), e nasce dalla necessità di razionalizzare la manutenzione degli aerei, ma avrà senza dubbio una grossa ricaduta anche sulle indagini post-incidenti. La sperimentazione, che coinvolge per ora due compagnie, alle quali si aggiungerà presto una terza, e può essere concepita come un tentativo di avere a disposizione senza ritardi i dati che normalmente vengono immagazzinati nelle scatole nere.

Un bel passo avanti, se si pensa ai 22 mesi che sono stati necessari per recuperare i dati salienti del volo AF 447, ma in ogni caso si tratta di un provvedimento che, se da un lato facilita la raccolta di dati a posteriori, poco o niente fa, nell'immediato, per evitare il ripetersi degli incidenti.

Da questo punto di vista, è senz'altro più interessante la raccomandazione che il BEA fece già nel suo primo rapporto preliminare a proposito della necessità di studiare più a fondo certi fenomeni meteorologici legati al volo in alta quota.

Fino a poco più di dieci anni fa, si riteneva che la formazione di ghiaccio sulle strutture degli aerei fosse tutto sommato remota ad alta quota. Al giorno d'oggi, con l'incremento esponenziale dei voli, ci si è resi conto che anche nella stratosfera, in particolari condizioni meteo, il fenomeno presenta aspetti preoccupanti e non ancora indagati a sufficenza.

Tra l'altro, secondo alcuni studiosi, è proprio l'aumento dei voli che ha contribuito a determinare questa situazione, visto che uno dei prodotti secondari della combustione è proprio l'acqua (le famose scie di condensa), la cui immissione massiccia in quota sarebbe passibile di creare condizioni di formazione di ghiaccio anche dove, fino a qualche decennio fa, ciò era ritenuto altamente improbabile.

A peggiorare la situazione, paradossalmente, contribuiscono i radar meteorologici di bordo sempre più precisi. La falsa sicurezza derivante dalla fiducia in questi sistemi induce infatti gli equipaggi a ridurre i margini di aggiramento delle zone di tempo perturbato. Tra l'altro, questa tendenza è incoraggiata dalle dissennate politiche di risparmio, che tendono a ridurre sempre più la quantità di carburante imbarcato, togliendo ai piloti, di fatto, la possibilità di adottare quelle deviazioni ( a volte di parecchie centinaia di chilometri) che nei decenni scorsi erano la norma.

Non è un mistero per nessuno che i piloti del volo AF 447 abbiano deciso solo all'ultimo momento di evitare una zona di cumulonembi: in altri tempi, con tutta probabilità, lo stesso volo avrebbe imbarcato qualche tonnellata di cherosene in più e sarebbe stato ben alla larga da quelle nuvole, ma questa pratica è oggi scoraggiata, in primo luogo dalle stesse compagnie, in nome dell'economia gestionale.

Ma la cosa più agghiacciante (e ci si perdoni il macabro gioco di parole), è che il ghiacciamento delle sonde sia avvenuto perché quelle montate, pur avendo già dimostrato i loro limiti, erano ancora in uso per ragioni essenzialmente economiche, così come un'ottica di risparmio aveva dettato la loro adozione.

Con 180 kW di potenza elettrica (tanta ne producono i generatori di un A-330) non ci dovrebbe essere nessun problema a impedire l'accumulo di ghiaccio sulle sonde (che sono riscaldate elettricamente): con tutta quell'energia, si potrebbero addirittura rendere incandescenti.

La reazione degli organi di controllo e certificazione è stata in questo caso velocissima, e le direttive per una sostituzione rapida delle sonde incriminate era arrivata già nelle fasi preliminari dell'investigazione, ma non si può certo chiudere gli occhi sul fatto che incidenti simili, anche se non avevano avuto esiti tragici, si andavano ormai verificando con inquietante ripetitività un po' in tutto il mondo: la stessa Air France ammette di avere avuto nella sua flotta almeno sei casi (otto secondo altre fonti) del genere prima di quel tragico 1° giugno 2009.

Resta il fatto che l'adozione (e la mancata tempestiva sostituzione) di quel tipo di sonde pone comunque l'indice su una tendenza, potenzialmente molto pericolosa, a barattare ancora una volta la sicurezza con l'economia.

IV (fine)

(22 settembre 2011)

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