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Dare i numeri...

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Quando mi chiedono (e me lo chiedono spesso, sempre più spesso) se davvero ci si stia avviando verso un'aviazione commerciale completamente automatizzata, in grado di eliminare i piloti dalle cabine di pilotaggio, rispondo invariabilmente con quattro numeri.

BA 38, US 1549, BA 56, e QF 32.

Contrariamente a quanto a volte pensano i miei interlocutori, non sono impazzito: non sto dando i numeri, o meglio... sto dando i numeri, sì, ma sono quelli di quattro voli che in questi ultimi quattro anni sono saliti agli onori delle cronache.

BA 38: il 17 gennaio 2008 un Boeing 777 di British Airways è ormai in procinto di atterrare a Londra, proveniente da Pechino, quando i due motori smettono di erogare spinta a causa della formazione di ghiaccio nei condotti che portano il carburante dai serbatoi alle camere di combustione. Con l'aereo ormai ridotto a un grosso aliante, mentre il comandante retrae parzialmente i flap per migliorare l'efficienza aerodinamica dell'ala, il copilota riesce a mantenere il controllo dell'aereo nonostante la velocità sia ormai paragonabile a quella di un monomotore da turismo. Ce la fanno ad arrivare, se non in pista, almeno all'interno della cinta aeroportuale. L'atterraggio avviene 150 metri prima dell'inizio della pista e nell'urto il carrello si distrugge. Bilancio: un ferito grave e 47 feriti lievi.

US 1549: il 15 gennaio 2009 l'Airbus A-320 dell'ormai mitico comandante Sullenberger si posa nelle acque dell'Hudson dopo che l'impatto con uno stormo di oche selvatiche ha provocato lo spegnimento di entrambi i motori. Bilancio: una frattura, una settantina di contusi e qualche caso di ipotermia causato dalle fredde acque del fiume durante l'evacuazione.

BA 56: un Boeing 747, sempre di British Airways, è lanciato a 300 km/h sulla pista di Johannesburg, in Sudafrica. Si sta staccando da terra, diretto a Londra il 12 maggio 2009, quando un falso segnale proveniente dai motori provoca la retrazione automatica degli slat (superfici mobili poste sul bordo anteriore dell'ala, che hanno il compito aumentare la portanza a bassa velocità). Il copilota, a poco più di un metro dal suolo, riesce ad evitare lo stallo. Portato l'aereo a una quota di sicurezza, l'equipaggio scarica carburante e torna all'atterraggio a Johannesburg. Nemmeno un ferito tra gli occupanti del Jumbo.

QF 32: pochi minuti dopo il decollo da Singapore, il 4 novembre 2010, il motore numero 2 dell'Airbus A-380 della Qantas esplode, danneggiando un serbatoio e i sistemi di ipersostentazione del colossale aereo. Anche in questo caso l'equipaggio riesce a mantenere il controllo del mezzo, sale a una quota di sicurezza, nonostante la miriade di allarmi ricevuti arriva a stabilire con sufficiente esattezza la natura e l'estensione del danno, scarica il carburante in eccesso e torna all'atterraggio. Anche in questo caso, tutti se la cavano senza danni.

Tradite dalla tecnologia, più di 1000 persone devono la loro vita al sangue freddo, la professionalità e l'addestramento degli equipaggi di questi quattro voli: la tradizionale “ultima barriera” ha fatto il suo lavoro, come migliaia e migliaia di altre volte.

E gli investigatori della South African Civil Aviation Authority, a chiusura del rapporto d'indagine sul terzo degli incidenti che abbiamo appena visto, lo scrivono con estrema chiarezza: “L'equipaggio deve essere lodato per il modo professionale con cui ha controllato il velivolo durante una fase critica come il decollo, garantendo così la sicurezza dei 283 passeggeri a bordo”.

Ma altrettanto chiaramente l'”eroe dell Hudson”, Chesley “Sully” Sullenberger, durante la sua audizione davanti al Senato americano, ha messo in guardia contro i rischi di una politica che, in nome dei risultati economici, vede oggi molte compagnie ridurre i programmi di addestramento al minimo indispensabile, estendere con regolarità i tempi di servizio fino al limite massimo consentito, e giocare al ribasso sulle condizioni economiche e normative dei contratti offerti agli equipaggi.

Certo, tutto è, almeno dal punto di vista formale, in regola... al limite della regola, ma in regola. Purtroppo la sicurezza non si garantisce certo limitandosi a “smarcare” delle caselle al minimo costo possibile, e se le autorità normative (americane, inglesi e australiane in primo luogo) paiono essere molto sensibili a questi problemi, devono tuttavia fare i conti con la resistenza opposta dalle lobby delle compagnie aeree.

Ne sa qualcosa la FAA americana, che proprio in queste settimane ha incassato il duro attacco dell'Air Transport Association. Secondo l'associazione, che riunisce le principali compagnie statunitensi, le nuove regole di impiego dei piloti, che dovrebbero entrare in vigore dall'estate 2012 e sono studiate per mitigare i deleteri effetti della fatica sulla sicurezza del volo, sono da rigettare perché causerebbero un incremento di costi pari a circa due miliardi di dollari all'anno. Così come sono da respingere, per ragioni analoghe, le proposte (sempre dell'FAA) tendenti a rivedere sostanzialmente i criteri di arruolamento e di addestramento dei nuovi piloti.

Sarebbe interessante sentire cosa ne pensano i 1000 che erano a bordo di BA 38, di US 1549, di BA 56 e di QF 32.

(11 ottobre 2011)

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