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E l'incidente di Palermo?

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L’incidente del volo WindJet 243 (Punta Raisi, settembre 2010) ha un fattore d’innesco plausibilmente analizzabile che non è stato preso in seria considerazione da nessuno: si tratta dei contratti precari con i quali la maggior parte delle compagnie europee assume oggi i piloti, o una parte di loro.

La motivazione economica di questa scelta risiede nel fatto che l’andamento del mercato è fortemente stagionale e quindi mantenere una forza lavoro, soprattutto quando si parla di alte retribuzioni come per i piloti, strutturata sui picchi fa sprecare denaro.

Purtroppo la manodopera di pilotaggio non è solo costosa, ma è anche un fattore delicato della sicurezza del volo, anzi un fattore che interessa la sicurezza per oltre il 70% delle statistiche.

Che cosa significa assumere un pilota con contratto a termine? Significa nella maggior parte dei casi assumere un pilota che è stato anche sei mesi senza svolgere attività di volo. Non è un problema insormontabile, basta porre sotto addestramento il pilota appena riassunto e riportarlo allo standard previsto. L’addestramento e il rinfresco delle competenze, però, richiedono un impegno anch’esso costoso, e quindi si preferisce fare riferimento ai programmi minimi imposti dagli enti di regolamentazione, scaricando tutto il peso del ritorno ad uno standard minimo accettabile sulle spalle dell’individuo che, in caso di cattive prestazioni ha la spada di Damocle del mancato richiamo nella successiva stagione.

Le indiscrezioni di stampa apparse recentemente, ed usate in forma scandalistica, dovrebbero invece lasciar riflettere su tali problematiche. I piloti precari devono sempre assicurare il massimo livello di sicurezza, per legge per lo meno, ma anche per se stessi, volendo portare a casa la propria pelle oltre che quella dei loro ospiti. Il sistema di volare a stagioni, confligge fortemente con questi concetti.

Un pilota per mantenere elevati livelli di prestazione professionale si deve allenare ed addestrare costantemente, però questo significa che le compagnie che scelgono di mantenere sempre i propri piloti ai massimi livelli di affidabilità investono sul costo del lavoro anche diversi punti percentuali del loro bilancio. Non si tratta di cifre insostenibili, anzi su un costo del lavoro che ormai si è stabilito ad un quarto dei costi totali, qualche punto in più o in meno è da considerare trascurabile rispetto all’enorme vantaggio in termini di qualità del prodotto.

Però se si vuole estremizzare il concetto di profitto, si può scegliere di tagliare sulle spese di mantenimento di una forza lavoro come quella dei piloti che non sia più che ottimizzata. Questo è fatto trascurando le proiezioni che fanno tutte le aziende assicurative su quanto possa costare un incidente aereo, per i più gravi di solito si può arrivare alla chiusura dell’azienda. Ne vale la pena?

Eppure anche in Italia si è iniziato ad applicare a piene mani l’uso di piloti a tempo determinato, tra l’altro sfruttando il serbatoio che lo Stato ha messo a disposizione con la cassa integrazione per il personale della fallita Alitalia-LAI. C’è un mercato di quasi 800 piloti che in gran parte vedono scadere il proprio livello professionale, e quindi si adattano ad ogni costo a fare un po’ d’attività professionale per non uscire totalmente dal circuito, almeno per quanto riguarda i più giovani e lontani dal traguardo della pensione.

ANSV che per altro è andata molto con i piedi di piombo nell’inchiesta sull’incidente di WindJet, emette raccomandazioni su alcune strutture secondarie dell’aereo ma non dice una parola sui piloti precari. Se non rileva l’importanza di quest’argomento nemmeno l’agenzia che si dovrebbe occupare di sicurezza del volo vuol dire che il problema, come sempre nella storia della sicurezza del volo, si potrà ripresentare. Eppure le maggiori istituzioni mondiali indicano da tempo che le analisi degli incidenti suggeriscono un più attento addestramento degli equipaggi.

Le indagini sull’incidente in questione inizialmente puntarono sul fenomeno del wind shear. Ora, dopo più di un anno, per l’Airbus A319-100 della WindJet, marche EI-EDM, operante il volo IV-243, da Roma Fiumicino a Palermo Punta Raisi con 124 passeggeri e 6 membri dell’equipaggio, c’è solo una raccomandazione di sicurezza della ANSV indirizzata ai costruttori: richiede di modificare una struttura dell’aereo (trave FR65), perché in certe condizioni si rompe invadendo la cabina passeggeri con conseguenti rischi circa la facilità di evacuazione del velivolo e la possibilità di arrecare ferite ai passeggeri. Tale fenomeno era già stato riscontrato nel velivolo ammarato nell’Hudson nel gennaio 2009 col miracoloso salvataggio di tutti gli occupanti.

Ma sulle cause dell’incidente e sulle possibili misure di prevenzione si lascia libero spazio alla stampa generalista, che dal canto suo si avventura in sensazionalismi ed idiozie di vario genere. Eppure ci sono le scatole nere, il relitto del velivolo, tutto l’equipaggio sopravvissuto e tutti i protagonisti intervistabili ed intervistati. Sono state esperite approfondite indagini sia da parte della magistratura che degli altri organi competenti, inclusa la ANSV.

Cosa occorre ancora per sapere cosa mai sia successo? Intanto la compagnia WindJet ha già operato una sua conclusione: ha licenziato (non rinnovato i contratti), i piloti ai comandi del volo in questione.

(8 febbraio 2012)

 

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