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Il mio primo volo

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Il volo è il mio lavoro. Sono così tanti anni che stacco l'ombra da terra, che mi pare di aver fatto solo questo nella vita... e invece no. Tanti anni fa, ero un giovane di belle speranze che non aveva idea di cosa fare nella vita.


Quando ho cominciato a volare non era chiaro se questa attività fosse adatta al mio carattere, alle mie capacità, alla mia indole, per via di una verità elementare: noi non sappiamo chi siamo fino a che non andiamo a toccare i nostri limiti, inferiori e superiori.

Con il tempo, ho combattuto per acquisire una serie di abilità, di conoscenze e di esperienze che mi hanno reso quello che sono oggi. Sono un comandante, cioè colui che rappresenta il punto di riferimento per l'equipaggio, la persona nelle mani del quale i passeggeri affidano la propria vita, il referente della compagnia che sa di potersi fidare, la figura che lo Stato ha delegato a tutelare un patrimonio umano e patrimoniale di centinaia di milioni di euro. Ebbene, tutto questo non comincia ieri, ma tanti anni fa.

A dispetto di quello che pensano l'equipaggio, i passeggeri, la compagnia e lo Stato, ogni comandante ha cominciato la propria avventura con mille dubbi, mille incertezze nel dover affrontare delle sfide che parevano impossibili, la prima delle quali è il dover dimostrare a se stesso di essere all'altezza del compito.

Tutti questi stati d'animo, che ho vissuto da giovane e che conservo nel magazzino della memoria, inevitabilmente si affievoliscono con la routine quotidiana. Era tanto tempo che non sfogliavo questo archivio di emozioni, ma ieri ho ricevuto una mail da un lettore particolare. Questo suo racconto descrive la girandola di emozioni che si prova quando ci si libra in aria da soli per la prima volta. Ho rivissuto questi stati d'animo in maniera così vivida che pare mi siano capitati ieri. Dopo il racconto vi dirò chi è il neo-pilota. Buona lettura.

"A un certo punto, l'istruttore di volo, seduto affianco a me, chiama la torre: ”Bari Torre, IIAGE a Lima 1, sto lasciando l’aeromobile, perché il mio allievo deve fare il volo solista”. In quel momento tra me e me ho pensato: e chi è questo allievo? Ci ho messo un istante a capire che ero io e in quello stesso istante l'istruttore si stacca le cuffie, apre la portiera e fa per scendere. Io gli dico che forse non lo so fare e lui: “Io so che cosa sai fare. Divertiti Donghi!”.

Chiuso nell’abitacolo, io, le mie cuffie e un respiro sostenuto. E basta. Solo. Chiama la torre: “IIAGE rulli per Lima Tango Foxtrot”.

Ho capito che dovevo. Tolgo il freno di parcheggio e via verso la pista, come da sentiero indicato; in fondo ero ancora su qualcosa che somigliava ad un’automobile. Rullo fino al “punto attesa”: solo stamattina ho veramente capito il significato di quel punto! Un concentrato di attesa, desideri, sogni, paure, incertezze.

A un certo momento, ho pure pensato di tornare indietro. Un po’ di fiato, quello che mi restava per dire alla torre “Pronto per la partenza”, ma sapevo che non era affatto vero! La voce della torre inesorabile: “Allineamento e attesa”. Vado fino a quando davanti ai miei occhi compare, in tutta la sua lunghezza, la pista 07. Io e la pista e tre gomme pronte a lasciare il suolo. Mille pensieri una sola voce: Autorizzato al decollo.

Guardo al sedile di destra: il vuoto. Oggi Giovanni non c’è. Il segno della croce. La preghiera. In quel momento ho spento il cervello e ho acceso il transponder, quello del cuore.

Perché ci sono cose nella vita che il cervello insiste che non devi fare e ti tiene i pedali dei freni ancorati a terra. Solo la potenza del cuore, che comincia a battere con un ritmo più veloce dei pistoni del motore, ti spinge a mettere manetta a  tutta canna, full power, e trasforma il terreno in cielo, un sogno in realtà. Velocità, pista che si dissolve, 65 nodi, rotazione. Tiro e vado su, le gomme staccano dal suolo. In quell’attimo sei in aria, non hai più terra sotto i tuoi piedi, non puoi più tornare indietro. Davanti a te il cielo. Sole, solo.

Solo come poche volte sei rimasto nella vita. Ora tutto dipende da te, ogni decisione, ogni errore, tutto. Sei solo. Ti fidi solo di qualcuno che ti ha detto: “Vai avanti, ce la puoi fare”, che fosse stato per te staresti ancora a guardare aerei a bordo pista, spettatore non protagonista dei sogni.

E’ lì che ti accorgi di avere forze ed energie che mai avresti pensato di avere. E’ lì che ti meravigli di te stesso. E’ lì che ti scopri diverso e vivi una delle esperienze più belle: ti meravigli di te. Quante cose belle abbiamo dentro e non sappiamo di averle! Quanti doni e risorse che restano sigillate negli scantinati della nostra vita. Quante ricchezze abbandonate nei sotterranei delle nostre storie.

A volte camminiamo come straccioni che hanno in tasca milioni di euro: ci fermiamo di fronte alle vetrine dei negozi dell’esistenza e passiamo oltre pensando, con tristezza, di non avere possibilità di acquistare. Andiamo via delusi e amareggiati di noi stessi, solo perché non abbiamo mai infilato le mani nelle nostre tasche. Se solo sapessimo quanto siamo ricchi, ci meraviglieremmo ogni giorno di noi stessi.

L’emozione è tanta, ma la forza del volo è più che un’emozione. E tu puoi volare soltanto se la spinta della passione supera il peso della paura che tende a portarti giù. Nessuno può volare se ha paura di morire. Nessuno può amare se ha paura di volare.

E poi di nuovo la pista. Autorizzato all’atterraggio. Stai per lasciare il cielo. Stai per ritornare in sicurezza. Sei felice, ce l’hai quasi fatta. Ma quando le gomme toccano a terra si innesca un meccanismo strano: la nostalgia del cielo. Assurdo! Perché una vita bella non è sempre una vita ancorata alle certezze della quotidianità, ma quella che rischia di prendere il volo e di guardare oltre le miopi sicurezze del terreno.

Al parcheggio c’è Giovanni, e gli amici dell’Aeroclub di Bari cui devo davvero tanto. Un abbraccio che dice tutto. Perché un volo solo, non è solo un volo."


Bene. Questa bellissima lettera è di don Gaetano, parroco di Polignano a Mare, il paese di Domenico Modugno, che ha voluto condividere questa sua esperienza buttando giù con un entusiasmo da aviatore tutta la girandola di sensazioni che ha provato.

Ha fatto bene, perché c'è il rischio di dimenticarle.

antonio.chialastri(at)manualedivolo.it

(28 settembre 2012)

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