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Mamma, che traffico

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Nei miei viaggi mi è capitato spesso di imbattermi in ingorghi mostruosi, in situazioni kafkiane dove le macchine erano al tempo stesso luogo di fuga e di prigionia per migliaia di persone. Intrappolate nelle proprie automobili, le persone escono di senno, come sa chiunque abbia guidato a Roma.


Tuttavia, ci sono diversi modi di affrontare il traffico cittadino. Città come Istanbul, Mumbai, Il Cairo, Los Angeles hanno i loro problemi con la circolazione stradale per via delle molte autovetture che si imbottigliano nelle ore di punta -e in alcuni casi anche nelle ore di tacco- ma le tipologie di traffico sono radicalmente diverse.

Ad esempio, qualche anno fa nessuno diceva parolacce al prossimo se si trovava ad un incrocio a Beirut; hai visto mai che il “prossimo” avesse un Kalashnikov proprio a portata di mano nel suo abitacolo? Anche in India, il traffico è tanto, c’è un caos primordiale, ma nessuno sembra arrabbiato con gli altri. I colpi di clacson continui possono essere paragonati allo starnazzare delle anatre, piuttosto che all’imitazione delle trombe del Giudizio che si sentono a Roma. A Bangkok, in Thailandia, gli ingorghi fanno parte del paesaggio e sono abbelliti da queste strane figure che si trovano al centro dei crocicchi con una divisa addosso, una paletta in mano e un fischietto in bocca; a volte, sembrano imitazioni dei vigili urbani, ma ti accorgi che devono essere delle controfigure, poiché nessuno presta loro attenzione.

A Parigi, sulle strade di accesso alla città, ci sono dei momenti della giornata dove ci si deve rassegnare a tornare a casa un po’ più tardi, soprattutto se il display stradale indica “bouchon” che vuol dire “tappo”. Nei Paesi scandinavi invece continuano a chiamare traffico delle situazioni che noi accoglieremmo come delle vere e proprie oasi di pace, mentre negli Stati Uniti le informazioni sulla viabilità sono i programmi radiofonici più ascoltati.

A questo punto uno si potrebbe chiedere: ma con l’aereo si trova lo stesso traffico? Ebbene sì. Gli aeroporti, come le strade cittadine, sono stati costruiti per assorbire una certa quantità di aerei. Quando questi salgono oltre una certa soglia, è inevitabile che si formino dei “tappi”.

La differenza fondamentale è quella che mentre quando si è in macchina e si è imprigionati in una rete di scatolette di latta gommate, ci si può rilassare, spegnere il motore, leggere un libro, ascoltare la radio, telefonare a casa, in aereo tutto questo non è possibile. Oltre al fatto che non si può telefonare, né ascoltare la radio, c’è un problema più pressante che consiste nell’autonomia di carburante che prima o poi finisce e come disse un vecchio istruttore: “Per aria non c’è rimasto mai nessuno”.

Quindi, per evitare questi problemi, si fa in modo che gli aerei in partenza verso un aeroporto trafficato siano scaglionati secondo il modello delle “partenze intelligenti”. Cosa succede, in pratica?

Il controllo del traffico aereo, i vigili urbani dell’aria, pianificano il volume di traffico che possono gestire in arrivo e comunicano ai vari aeroporti periferici dai quali devono partire gli aerei diretti in quell’aeroporto un tempo assegnato di decollo. In questo modo, conoscendo la velocità dell’aereo e il tempo di decollo si può prevedere abbastanza precisamente quando l’aereo si troverà nell’area terminale di arrivo per iniziare l’avvicinamento all’aeroporto.

Questi tempi assegnati per decollare sono paragonati ad una finestra, o meglio una “fessura”, temporale di circa dieci minuti (slot time). Se l’equipaggio non riesce a presentarsi alla pista di decollo entro questo tempo stabilito, non viene autorizzato a partire. A volte, ritardare le operazioni di imbarco comporta che non sia possibile ottemperare questo vincolo temporale. Lo slot è perso, e la Compagnia aerea deve mandare una nuova richiesta al centro europeo di Bruxelles, che coordina tutti i vari centri di controllo interessati dal volo per ottenerne uno nuovo, e non è detto che questo nuovo slot sia a pochi minuti da quello precedentemente ricevuto, poiché c’è l’eventualità di passare in coda agli altri aerei che nel frattempo si sono messi in attesa.

Non è raro il caso in cui, partendo per un aeroporto molto trafficato, tipo Londra Heathrow, si incappi in ritardi consistenti che fanno imbufalire i passeggeri ed esasperano l’equipaggio, causando ritardi a catena che comportano conseguenze operative significative che si ripercuotono lungo tutta la giornata.

Ebbene sì, quando c’è traffico aereo le cose si mettono molto peggio che durante un semplice ingorgo sul Raccordo Anulare di Roma.

Ma almeno nessuno dice le parolacce... però, le pensiamo.

antonio.chialastri(at)manualedivolo.it

(13 novembre 2012)

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