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Impensabile o imprevisto?

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Recentemente, durante una sessione addestrativa, l’istruttore ha puntato il riflettore sulla differenza tra evento “impensabile” ed evento “imprevisto”. La sostanza dell’approfondimento è stata che gli eventi che definiamo “impensabili” sono spesso, semplicemente, eventi “imprevisti”.


In questo quadro, le conoscenze tecniche, unite all’esperienza ed allo studio dei fenomeni, possono aiutare ad affrontare situazioni impegnative, apparentemente “impensabili”. Questo breve antefatto per raccontarvi un evento che mi capitò alcuni anni fa.



Primavera 1992, base aerea di Grosseto, XX Gruppo AO (Addestramento Operativo): sono un giovane (27enne) istruttore pilota, appena formato, che ha la fortuna e l’onore di addestrare nuovi piloti su velivolo F 104... un sogno avverato.

Ho da poco avviato al decollo solista il mio primo allievo, Luca. Sono felice dei miei progressi sul piano professionale, e sono felice di continuare a volare sullo “spillone”. Quella mattina, io e i miei colleghi, ci stiamo preparando per le missioni addestrative pianificate quando Pino, l’istruttore pilota addetto alla sicurezza del volo, ci convoca per una veloce e non pianificata riunione.

La sala istruttori è bella, ha un tavolo ovale, grande, una dozzina di posti direi, e due sagome di F104 sulle quali sono incisi tutti i nomi degli IP che sono transitati, negli anni, al Gruppo.

Prendiamo posto, io defilatissimo, da ultimo arrivato. Sappiamo che sarà una riunione breve, ma non conosciamo il tema, non essendo stata pianificata. “Signori buongiorno,- esordisce Pino- volevo solo porvi una domanda: dove tenete le mani durante la fase di decollo?”

Il decollo dell’F104 è particolare. La rotazione avviene a 175 nodi e l’accelerazione è notevole. È particolare anche perché a 175 nodi l’angolo di attacco dell’ala è talmente elevato che non è possibile impostare che assetti di pochi gradi, almeno sino a quando si raggiunge una velocità prossima ai 250 nodi. Il tutto avviene in pochi secondi, e 250 nodi corrispondono anche alla velocità massima che può sopportare la struttura del carrello di atterraggio, durante la fase di retrazione.

Uno degli errori comuni commessi dai piloti in addestramento è quello di posticipare il comando di retrazione carrello. Questo comporta una elevata probabilità che, raggiungendo i 250 nodi, il carrello sia ancora in transizione, non ancora retratto. Ciò causa sollecitazioni non previste che potrebbero rendere necessario un intervento manutentivo sul carrello stesso per possibili deformazioni ai portelli.

Dunque la risposta comune, data quella mattina da uno per tutti gli altri è: “La mano destra sta prossima alla cloche, la mano sinistra sta sulla leva del carrello, pronti a retrarlo qualora l’allievo tardi nella manovra.” Pino ci lascia esprimere tutti: ne discutiamo alcuni minuti e siamo concordi sulla risposta data. "E tu Pino, dove tieni le mani?"

Pino aspetta solo quella domanda, e coglie la palla al balzo: “Io tengo la destra come voi, prossima alla cloche, ma la sinistra la tengo sulla leva dei flap!”. “I flap?- penso io- Che motivo c’è di tenere la mano sulla leva dei flap? Si retraggono molto dopo, a 300 nodi. L’allievo è concentrato sul carrello. La leva dei flap è in tutt’altra posizione nel cockpit, ed inoltre non ha la forma tonda, come quella del carrello, ma è, appunto, a forma di flap.”

Pino prosegue: “Mi sono accorto che insistiamo molto, con i nostri allievi, a non tardare la retrazione del carrello, pena la possibile overspeed del carrello stesso. È vero che addestriamo piloti esperti, ma è anche vero che si trovano in un cockpit nuovo e in una macchina ad elevate prestazioni, alla quale non sono abituati. Ho cercato di immaginare cosa potrebbe succedere se l’addestrando agisse in maniera non corretta sulla leva carrello, tardandone la retrazione, o se agisse sulla leva sbagliata, per esempio quella dei flap. Tardando l’azione sulla leva corretta, abbiamo già detto, causerebbe una overspeed del carrello. Fatto antipatico, ma nulla di grave. Se anticipasse l’azione sulla leva carrello e la posizionasse in posizione UP subito dopo la rotazione, senza attendere l’involo, causerebbe, ma con scarse probabilità, data l’elevata accelerazione, un possibile danneggiamento ai portelli del carrello. Il decollo non sarebbe compromesso, ma i danni strutturali potrebbero essere superiori. Se agisse sulla leva sbagliata, e mi riferisco alla leva dei flap, la situazione diverrebbe ingestibile: il velivolo si troverebbe in accelerazione si, ma ben al di sotto alla velocità minima di sostentamento senza flap, circa 235 nodi. La cosa si risolverebbe, nella migliore delle ipotesi, in una eiezione di istruttore ed allievo. Mi sembravano considerazioni importanti e vi ho riuniti per condividerle. La riunione è terminata, buon lavoro ragazzi”.

Lasciamo la stanza, senza pensare neppure troppo a quanto ci siamo detti. Indossata velocemente la tuta anti-g, effettuato un dettagliato briefing sulla missione che stiamo andando a volare, io ed il mio allievo, un ragazzone veneto alto quasi 2 metri, ci avviamo verso la linea volo.

Il ragazzo è in gamba, ho già volato con lui, dà fiducia. Terminati velocemente i controlli prevolo, iniziamo il rullaggio. Pronti al decollo, autorizzati al decollo. Prova motore effettuata, Post-bruciatore inserito, le ciglia del J79 si aprono e iniziamo a correre. Non so perché, probabilmente il briefing di Pino, ma la mia mano si sposta dalla leva carrello verso il basso, alla leva dei flap, 175 nodi, rotazione.

Sento la leva flap slittare in avanti verso la posizione UP e la blocco fermamente. Non una parola con il gigante, che agisce ora sulla leva corretta e retrae il carrello. “Attento alla velocità” lo appunto quando l’indice avvicina 250 nodi. Il carrello è retratto, non siamo andati in overspeed.. Terminiamo l’accelerazione e a 300 nodi retrae i flap.

“Ti sei accorto di cosa è successo” gli domando. Risponde “Si”. “OK, poi ne parliamo a terra, abbiamo un sacco di cose da fare, vola concentrato” Il resto della missione è impeccabile, ma la valuto come negativa, per quell’importante dettaglio.

Quella mattina Pino, approfondendo l’evento decollo, aveva trasformato un’azione impensabile in una imprevista! E aveva condiviso la sua conoscenza. La cosa strana fu che ne aveva parlato proprio quella mattina...

Ancora oggi mi interrogo sul senso di certe coincidenze: la riunione non pianificata, il decollo immediatamente successivo alla riunione... Tutti abbiamo vissuto incredibili coincidenze. Alcune sono così intime che sono inconfessabili, altre, come questa, diventano una storia piacevole da condividere.

Una cosa è certa, quel giorno Pino, per coincidenza o.... per destino, ha salvato la pelle del gigante veneto, e la mia.

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