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Quanto tempo dall'ultima volta!

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Sono passati quattro anni e mezzo dal mio ultimo atterraggio a Fiumicino e finalmente questa sera sono di nuovo in volo verso Roma. Altra compagnia aerea e altro aereo: ora volo sull’A-320, purtroppo il mio amato MD-80 non c’è più. Immaginavo che sarebbe stato emozionante, ma non pensavo così tanto.


Sto percorrendo la stessa rotta che ho fatto tante volte in passato: decollo da Lisbona, sorvolo di Madrid, virata a destra verso Valencia e poi a sinistra verso la Sardegna e giù dritto verso Roma. Di notte, lasciando la costa sarda all’altezza di Olbia, già si intravede il chiarore delle luci di Roma, con l'aiuto di un velo di nubi sopra la città eterna che riflette un alone chiaro per molte miglia intorno.

Mi giro alla mia sinistra e vedo il volto del mio comandante inglese trasformarsi in quello dei tanti amici con cui ho volato in quasi dieci anni di Alitalia. Quante storie, chiacchiere, risate; li ho rivisti tutti uno ad uno, giuro.

E non solo i comandanti, ma anche tutti i colleghi assistenti di volo con cui ho condiviso gli splendidi anni passati sull’aereo più bello del mondo che si faceva pilotare come un aereo vero, non con mille computer come sono costretto a fare questa sera.

Siamo in contatto con i controllori italiani, finalmente una voce amica dall’accento facile. Saluto in italiano e quasi mi mancano le parole. È vero, dopo tanti anni senza parlare la propria lingua tutti i giorni si inizia a dimenticarla, complice il fatto che non riesco a tornare in Italia molto spesso e la moglie straniera che con l‘italiano ci mastica poco.

Iniziamo la discesa. Ora vi devo lasciare per un attimo e concentrarmi per l’avvicinamento, ma sulla via del ritorno vi racconterò come è andata...

...ed eccomi di nuovo con la penna in mano e il tavolino aperto, colpo di genio degli ingegneri dell’Airbus. Lo ammetto, ho avuto gli occhi lucidi per tutta la discesa mentre la sagoma dell’aeroporto si delineava e iniziavo a scorgere meglio tutti i dettagli.

I controllori, come in passato, non hanno perso il vizio di cambiare la pista in uso quattro volte in cinque minuti, sembra si divertano a farlo. Non è un grosso problema anche se con l’MD80 era più facile, dovevo solo selezionare una diversa frequenza sul dispositivo della radioassistenza verso la nuova pista e il gioco era fatto. Adesso con l’A320 c’è un computer da riprogrammare, e la procedura è un pochino più laboriosa.

Mi perdo tra le mie fantasie e le tante memorie e non mi accorgo che con la prua che mi ha assegnato il controllore sono tremendamente alto sulla traiettoria. Mi butto giù in picchiata tanto che un assistente di volo mi chiama dal galley e mi chiede se siamo stati abbattuti.

Poi giocando un po' con la velocità e un po' con la configurazione dei flap, intercetto il sentiero di avvicinamento con un’unica planata che avrebbe fatto la felicità di un vecchio comandante che tutti gli ex-Alitalia ricordano bene.

Oggi volevo fare un atterraggio super morbido, ma la mano si è emozionata proprio in corto finale.

Comunque, due passeggeri lasciando l’aereo hanno ringraziato e fatto i complimenti lo stesso e questo, alla fine, è uno dei motivi per cui ancora mi piace fare questo lavoro.

(17 giugno 2013)

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