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Il terminal gelato

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Avete presente un terminal aeroportuale? Quelle strutture ipertecnologiche, fatte di acciaio e vetro? Scale mobili, tapis roulant, schermi giganti ad alta risoluzione, signorine affascinanti e sorridenti che ti accolgono al check in? Allora, ora che avete chiaro di cosa sto parlando, dimenticatelo…


Il Terminal in Antartide, quando c’è, è un modulo di sopravvivenza, un container più o meno coibentato (meno… molto meno) dove, appena si scende dall’aereo si corre per cercare un po’ di calore in attesa di essere trasportati alla base.

Di finger, scale mobili e tapis roulant nemmeno l’ombra. Un losco figuro in tuta rossa e passamontagna, si precipita con un furgone combinato e ti ritrovi stipato a bordo con un numero imprecisato di altri passeggeri ed almeno due o trecento tonnellate di zaini, pacchi e attrezzature.

Una multicolorata multietnica e sbuffante comunità di mezzi di servizio si affanna tutto intorno, affollandosi come le pulci sulla pelliccia di un orso, mentre pallet di bagagli e materiali, estratti dalla panciuta fusoliera dell’Hercules, sono freneticamente movimentati. Le radio riempiono il silenzio atavico del posto con un’inusuale messe di richiami, solleciti e simpatiche imprecazioni. Nomi e soprannomi aleggiano nell’etere, gracchianti note fra le ripide pareti delle colline a picco sul mare gelato intorno alla “ice runway”.

Il freddo incalzante, il tempo mutevole, la lunghezza del viaggio di ritorno, impongono tempi ristretti, molto ristretti, si deve poter far ripartire l’aereo al più presto, ed allora via al via vai dei mezzi in un apparente caos. Scarico e carico dei materiali e del personale si susseguono. I mezzi in  andata si incrociano sulle taxiway di ghiaccio, chi va e chi viene, un pulsare di furgoni, autocarri, mezzi speciali, cisterne e poi fuoristrada e motoslitte. I soli immobili nella loro solenne maestosità sono i mezzi antincendio, all’apparenza sonnecchianti e sornioni.

La baia ghiacciata, usualmente un tempio di solitudine e silenzio, sembra ora un misto tra Porta Portese e la tangenziale Ovest, fra un parcheggio autostradale e le corsie di un affollato supermercato. Poi, cosi come tutto era cominciato, l’Herc , dopo aver frettolosamente imbarcato panini e folder meteo decolla e sparisce contro il sole con prua inevitabilmente a Nord. In pochi minuti la baia ritorna quel santuario di silenzio e maestosa gelida immobilità, tutto come Natura comanda…

In tutto questo manca ancora qualche cosa, avete per caso notizie delle affascinati e sorridenti signorine del check in? Indovinato? …neanche l’ombra…

(12 novembre 2013)

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