Iscrizione Newsletter

Iscriviti alla Newsletter



Login

L'incidente più strano...

Attenzione: apre in una nuova finestra. PDFStampaE-mail

Che la sparizione di un aereo di linea da un momento all'altro, senza che per settimane se ne trovino tracce attendibili, possa turbare profondamente l'opinione pubblica mondiale è cosa talmente lapalissiana che non ci sarebbe nemmeno bisogno di scriverlo.


Conviene invece spendere un po' di parole su alcuni aspetti tutt'altro che secondari della vicenda del volo MH370, come ad esempio la questione della tracciabilità dei voli.

Non basta infatti il semplice bilancio, pur grave, di 239 persone scomparse a giustificare la tensione emotiva con la quale si continuano a seguire in tutto il mondo le notizie relative alla ricerca, se non dei sopravvissuti, almeno di un relitto che ci possa spiegare in qualche modo le ragioni della sparizione. E non è un caso che "Come fa un aereo a sparire senza lasciare traccia?" sia una delle domande che più spesso mi sono sentito rivolgere in queste settimane.

Ora il punto è che l'industria aeronautica è restia, e per una serie di ottime ragioni, a installare sugli aerei apparati dei quali non si ravvisi una utilità immediata. E tra le ragioni "ottime" delle quali andiamo parlando due sono dominanti: il costo di ciò che si vuole installare e la considerazione, elementare, che ciò che non c'è non si può rompere, e questo vuol dire meno costi progettuali, meno spese di addestramento e meno manutenzione.

Da questo punto di vista, occorre rammentare che la fattispecie della sparizione improvvisa di un aereo senza lasciare nessuna traccia immediata è assolutamente nuova nel panorama dell'aviazione commerciale: un aereo di linea non è un TIR che può venire rubato mentre l'autista sta mangiando all'autogrill, e non necessita (o almeno così si pensava fino a ieri) di avere installato un tracker satellitare.

Anche perché, di mezzi per rendere nota la sua posizione, un aereo ne ha già a bizzeffe. Le radio, in primo luogo, e un pilota che è nei guai ha tutto l'interesse a rendere nota la sua situazione, e se ha il tempo di farlo i resti dell'aereo vengono ritrovati a breve distanza dall'ultima posizione nota... cosa che peraltro non è accaduta l'8 marzo scorso.

E poi i radar di terra (militari o civili) e i dispositivi di bordo che con i radar colloquiano. All'indomani dell'11 settembre 2001, uno delle primi provvedimenti che venne preso negli Stati Uniti fu quelli di rivedere e rendere più stringenti e aggressive le procedure di identificazione e intercettamento dei voli che finivano fuori rotta senza causa dichiarata... ma nemmeno questo è accaduto.

Oggi poi anche altri equipaggiamenti imbarcati sono in grado, in un modo o nell'altro, di fornire informazioni atte alla localizzazione. Sto parlando in particolare di ADB-S e ACARS. Fu proprio quest'ultimo a "informare" in tempo pressoché reale i tecnici di terra che a bordo di Air France AF447 stava succedendo qualcosa di inusuale. In quel caso fu cioè chiaro fin da subito che l'aereo era precipitato, e che la sua "sparizione" era dovuta al fatto che, per cause da precisare, ormai giaceva in fondo all'Atlantico: l'impatto emotivo sull'opinione pubblica mondiale, benché il numero delle vittime fosse quasi pari a quello di MH370, fu indubbiamente minore.

Tuttavia già dopo quell'incidente, anche a causa del prolungarsi delle operazioni di recupero delle scatole nere, l'industria aeronautica, e in particolare i piloti (per bocca essenzialmente di IFALPA, massima organizzazione mondiale delle associazioni professionali) e le compagnie aeree (rappresentate dalla IATA) posero l'accento sulla opportunità di dotare gli aerei di impianti capaci di trasmettere a terra in tempo reale una certa quantità di dati, in pratica quelli che attualmente vengono immagazzinati nel Flight Data Recorder, mettendo a disposizione degli investigatori fin da subito dati essenziali sia alle operazioni di ritrovamento che alle indagini tecniche tese a stabilire le cause dell'incidente. E' una soluzione che richiede la trasmissione di una quantità ingente di dati, e ancora è allo stadio di progetto... ma nemmeno questa sarebbe servita la notte dell'8 marzo.

Oggi infatti lo scenario si complica ulteriormente, perché tra le ipotesi che, in mancanza di riscontri certi, vengono avanzate c'è anche quella che postula il disinserimento volontario dei sistemi di comunicazione del B-777 malese. Porsi al riparo dal ripetersi di un evento simile richiederebbe l'installazione di un impianto non disinseribile, ma questo entra in conflitto con una concezione progettuale che prevede il controllo da parte dei piloti su tutti gli impianti di bordo, soprattutto al fine di evitare che un eventuale malfunzionamento possa avere conseguenze generalizzate su tutto l'aereo.

Non è un dilemma di facile soluzione, ma ancora una volta sono le stesse organizzazioni (IFALPA e IATA) a porsi per prime e con più chiarezza il problema. All'industria aeronautica il compito, come è fin qui successo dopo altri "incredibili" incidenti, di trovare le risposte adeguate.

In fin dei conti, come recita un vecchio detto della gente dell'aria, l'incidente più strano è quello che deve ancora succedere.

(9 aprile 2014)

RSS
RSS