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C'è mancato davvero poco

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C'è mancato davvero poco
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Il 7 settembre 2005 un Boeing 737 della Ryanair si è trovato coinvolto in un CFTT Controlled Flight Toward the Terrain. Si parla di CFTT (alla lettera: Volo Controllato Verso il Terreno) quando un aereo perfettamente funzionante si trova a volare, nell'inconsapevolezza dei suoi piloti, pericolosamente vicino a terra.

La relazione conclusiva di ANSV (Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo) su questo incidente (sempre di incidente si tratta, anche se si è concluso senza morti, feriti e danneggiamenti) è stata pubblicata nel giugno 2009, e vale la pena di analizzarla per vedere come una serie di fattori, prevalentemente umani, possano trasformarsi in una tragedia di vaste proporzioni.

Il volo Ryanair 9672 era decollato dall’aeroporto di Niederrhein (Germania) diretto a Ciampino con a bordo 166 passeggeri. L'equipaggio aveva iniziato la sua giornata alle sei del mattino a Treviso, per effettuare una serie di quattro voli dei quali quello che si sarebbe dovuto concludere a Ciampino era l'ultimo.

Alle due del pomeriggio, già in fase di discesa verso l'aeroporto romano, con una situazione meteo caratterizzata dalla presenza di violenti temporali, l'equipaggio chiede di fare un avvicinamento a vista per la pista 33 (l'altra pista non è utilizzabile per il forte vento in coda). L'autorizzazione viene concessa e l'aereo comincia a scendere verso i 6000 piedi, ma pochi minuti dopo, alla richiesta del controllore di effettuare un giro di 360 gradi sulla propria sinistra per mantenere un'adeguata distanza da un altro volo che lo precede, l'equipaggio afferma di non essere più in condizione di volo a vista.

A questo punto, il radar inizia a guidare il volo per un giro a est-sud-est dell'aeroporto, durante il quale l'equipaggio richiede più volte una ulteriore discesa, benché gli ostacoli sottostanti non lo consentano.

Alle 14.18, nell'impossibiltà di acquisire il necessario contatto visivo col suolo, l'equipaggio decide di dirottare a Fiumicino e il radar comincia a guidarlo verso la nuova destinazione, autorizzando inizialmente l'uso della pista 34R e facendo iniziare la discesa.

Poco dopo, a causa della presenza di un altro aereo in avvicinamento alla stessa pista, viene deciso di spostare il Boeing 737 di Ryanair sulla parallela 34L, ma l'aereo, sempre continuando a scendere, oltrepassa l'allineamento delle due piste mantenendo una velocità decisamente alta per la fase di volo in cui si trova.

Richiamato dal radarista, il B737 vira a destra per intercettare la giusta traiettoria, ma ancora una volta, e sempre ad alta velocità, attraversa il prolungamento delle due piste e, dopo una controvirata a sinistra, viene a trovarsi (sempre dentro alle nubi) a solo 150 metri di quota sulla verticale di Ostia Antica (7 km dalla pista). A questo punto (ore 14.25), su intervento del copilota, il comandante decide di riattaccare e chiede di dirottare a Pescara, dove atterra senza ulteriori problemi 25 minuti dopo.

Colpisce il fatto che il volo Ryanair 9672 sia venuto a trovarsi a volare così basso e così veloce (circa 400 km/h) senza che i piloti si rendessero apparentemente conto di dove erano, ma questo non è che la conseguenza di una catena di eventi che andremo ora a cercare di capire.


L'equipaggio, come si è detto, aveva fatto il primo decollo alle sei di mattina.

Durante la giornata, i tempi di transito tra ognuno dei quattro voli non ha mai superato i 40 minuti, e questo significa che il tempo per recuperare dalla fatica del volo precedente e studiare la documentazione (anche meteorologica) per quello seguente è stato veramente ristretto.

Nonostante questo il comandante (un polacco che vanta 7500 ore di volo) decide di imbarcare 950 chili di carburante in più per far fronte ad eventuali problemi dettati dal brutto tempo: questo extra-fuel si rivelerà provvidenziale.

In avvicinamento a Ciampino il maltempo comincia a diventare preoccupante, e l'equipaggio cerca di fare del suo meglio per atterrare il prima possibile... cosa che tra l'altro è coerente con i principi della maggior parte delle compagnie low-cost, che per essere competitive devono sfruttare le macchine al massimo, evitando i tempi morti.

E infatti, a fronte di una situazione abbastanza complicata, viene richiesto un avvicinamento a vista. In poche parole, si dichiara di poter procedere verso l'atterraggio mantenendo in vista il terreno e l'aeroporto di destinazione, il che permette di risparmiare tempo rispetto alle procedure strumentali. Peccato che, nel caso in esame, questa possibilità in realtà non esista, e infatti poco dopo l'equipaggio confesserà di non essere in condizioni di volo a vista e sarà costretto ad affidarsi alla guida del radar.

Da questo momento in poi si ha la netta impressione che a bordo del RYR 9672 si perda quella che viene chiamata situational awareness: la consapevolezza di cosa stia realmente accadendo. Si chiede di scendere quando l'orografia del terreno sottostante non lo permette, si chiede di dirottare su un aeroporto vicino (Fiumicino), ma non si riduce in tempo utile la velocità, si continua a scendere attraversando pericolosamente il sentiero di atterraggio di due piste per ben cinque volte.

Alla fine questa specie di incubo viene interrotto dal copilota che, sebbene giovane e inesperto (un olandese di 24 anni, con meno di 500 ore di volo) trova il riflesso giusto: appoggia una mano sulla spalla del suo comandante e contemporaneamente mette l'altra mano sulla cloche per richiamare la prua dell'aereo verso l'alto: ancora 40 secondi, e l'aereo sarebbe precipitato sull'Isola Sacra.

Come il comandante stesso racconterà agli investigatori, questo gesto lo riscuote dalla sua compulsione ad atterrare a tutti i costi: ordina la riattaccata e decide il dirottamento verso un aeroporto conosciuto dove la situazione meteo è migliore.

A posteriori, dopo una prima inchiesta ordinata dall'autorità irlandese e comunicata solo dopo mesi e mesi alla corrispondente autorità italiana, si saprà che il comandante del volo, pur avendo subito solo pochi giorni prima un grave lutto familiare (la morte di un figlio di tre mesi) si era recato al lavoro, omettendo di segnalare il fatto ai suoi superiori, perchè temeva che il suo contratto a tempo determinato, prossimo alla scadenza, avrebbe potuto non essere rinnovato.

Riassumendo: una levataccia, seguita da quattro voli con tempi ristrettissimi tra l'uno e l'altro, un aereo perfettamente funzionante, una situazione meteo abbastanza impegnativa, 166 ignari passeggeri, e due piloti di nazionalità diverse (con i logici problemi di comprensione che ne derivano) di cui uno assillato da inconfessabili problemi familiari e dalla preoccupazione di perdere il lavoro, e l'altro giovane e inesperto... ambedue presi dalla preoccupazione di atterrare il prima possibile perché questa è la soluzione dettata dalle ferree logiche di profitto di una compagnia low cost.

Una miscela esplosiva, che avrebbe potuto scoppiare su una zona densamente popolata del litorale romano.

Ma le disgrazie aeree succedono per una lunga catena di eventi, e basta che uno degli anelli di questa catena non si chiuda per evitare il peggio. L'ultima barriera è sempre rappresentata dai piloti... in questo caso un ragazzino alle prime armi che ha fatto la scelta giusta solo 40 secondi prima del botto.

(5 dicembre 2009)

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