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Lo rifacciamo?

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Seguendo accuratamente la fila di luci verdi che spariscono pian piano sotto alla sua pancia il grosso aereo si allinea lentamente al centro della pista. Sta facendo buio ormai, e attraverso il parabrezza ora si vede soltanto una fila di luci bianche che sfumano nell'opacità lattiginosa della nebbia.

“Ne vedo dieci... fanno centocinquanta metri di visibilità” dice il comandante, perché in una pista attrezzata per i low visibility take-off le luci di centro pista sono distanziate di quindici metri l’una dall’altra.
“Anche meglio dei centoventicinque che dichiarava il bollettino,- gli fa eco il copilota- direi che possiamo decollare”.
Per tutta risposta il comandante spinge in avanti le manette dei motori: “Take-off thrust” annuncia.

Spinta di decollo, e il sibilo dei motori sale di intensità fino a diventare un urlo. L'aereo, ancora trattenuto dai freni, vibra e sussulta mentre quattro occhi spiano con la massima attenzione la corretta stabilizzazione dei motori alla massima potenza.

"Take-off thrust set", annuncia il primo ufficiale, e quando il comandante rilascia i freni, l'accelerazione colpisce improvvisa alla schiena: è incredibile come riesca a schizzare via un bestione da 300 tonnellate quando le condizioni operative impongono di applicare la procedura di static take-off.

Gli occhi del comandante ora sono fissi su quei dieci punti luminosi che, là fuori, indicano la giusta direzione. Quelli del copilota invece saltano senza posa da un strumento all'altro: sta a lui trovare negli strumenti la conferma elettronica di quanto il suo comandante vede oltre il parabrezza e controllare che tutto a bordo funzioni alla perfezione.

Avranno percorso si e no mezzo chilometro, con le luci della center line che scorrono sempre più veloci sotto la pancia dell'aereo, quando da sotto l'ala destra arriva un colpo sordo, seguito da una vibrazione fortissima, e il muso dell'aereo abbandona la rassicurante fila di punti luminosi per puntare decisamente verso destra.

Le voci dei due quasi si sovrappongono.
Right engine failure”, motore destro in avaria, grida il copilota.
Stop take-off”, interruzione decollo, ordina il comandante.
Piedi sui freni, manette indietro, inversori di spinta aperti… e poi di nuovo la voce del primo ufficiale, a guidare la frenata del suo comandante verso la sicurezza di quelle lucine.
“Centro pista a sinistra... spoiler estratti… centro pista a sinistra… inversori pronti... siamo a centro pista... ottanta nodi... sessanta... trenta… prima luce rossa...” e quella luce significa che alla fine della pista mancano solo 900 metri, ma ormai ce l'hanno fatta: sono fermi nella nebbia in mezzo alla pista.

Eppure ancora non è finita: c'è da isolare il motore in avaria, avvertire la torre di controllo, dire agli assistenti di volo di tenersi pronti ad un'eventuale fuga di massa dall'aeromobile. Fasi concitate, scandite da ordini secchi e risposte precise poi, dall'oscurità della cabina di pilotaggio, alle spalle dei due, sorge una voce quasi divertita: “Bene ragazzi, per me è andato tutto bene, ma se volete lo rifacciamo”.

Lo rifacciamo? come sarebbe a dire: lo rifacciamo?

Sarebbe a dire che siamo dentro a un simulatore di volo, e questa era solo la prima delle “disgrazie” che capiteranno nelle prossime quattro ore.

(19 novembre 2016)

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