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Voli da e per Milano - XV

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XV – (segue) Su un volo Sidney-Roma uno di questi emigrati mi raccontò di quando partì, da giovane, per andare in Australia. I bagagli di cartone chiusi con lo spago; la paura di non poter più rivedere la sua terra o i genitori vivi; i problemi iniziali; la moglie australiana ma di origine italiana…


...e mentre mi parlava, ancora emozionato dai suoi ricordi gesticolava e dal movimento delle sue mani risaltava la luce di un grosso anello d'oro da uomo con un brillante incastonato sopra ed un orologio pregiato, anch'esso in oro massiccio, portati come trofei forse per far capire, a chi non lo conosceva, che nella vita aveva vinto.

Di questi personaggi italiani se ne incontrano sempre sui voli di lungo raggio. Ma ciò che mi è rimasto impresso di quell'individuo in particolare fu una frase da lui pronunciata quasi con un senso di amarezza e di rabbia insieme, la rabbia di una persona che è riuscita a vincere ma che ancora non dimentica un’ingiusta sconfitta: “Se sono riuscito a sfondare in Australia allora anch’io valevo qualcosa.”

Gli italiani scoprono la loro cultura quando stanno all’estero, capiscono di essere simili, da qualunque parte d’Italia essi provengano, soltanto quando hanno un termine di paragone di fronte agli occhi, un'altra società, un’altra cultura, un altro modo di pensare che inizialmente li affascina, li coinvolge ma non troppo ed appena passa quello che potrebbe essere definito l'effetto novità, si ritorna al “donne e buoi dei paesi tuoi”, con l'aggiunta,ovviamente del cibo e dei vini..

Spesso non bastano la buona volontà di un individuo ed il suo spirito di iniziativa per farsi che questo si affermi nella società, sono altre persone ed in altre sedi' differenti da quella della regione o del comune, in cui l’individuo vive, che decidono in quale fetta territoriale della nazione favorire lo sviluppo agricolo o industriale o dell'industria turistica, e come in un paese a noi tutti ben noto, tutto concentrato in poche regioni fortunate.

L’italiano comunque si schiera in una protesta collettiva anche quando le  richieste di chi guida la protesta non hanno come fondamento reale la volontà della risoluzione del problema che ha suscitato il malcontento ma semplicemente l’acquisizione di potere politico personale.

Ultimamente ho assistito ad una breve discussione tra un passeggero milanese ed un romano; come sia nata non so nemmeno immaginarlo ma so soltanto che il milanese accusava Roma e tutti i romani di parassitismo ed il romano lo stuzzicava dicendogli che la differenza tra i romani del grande impero e quelli attuali sta soltanto del fatto che i primi avevano gli schiavi mentre quelli attuali hanno i milanesi.

Sicuramente il passeggero romano non credeva in ciò che stava dicendo, era solo per pungolare e prendere in giro chi gli stava dicendo quelle assurdità ma in ogni caso, anche da un ridicolo battibecco o da qualche commento detto a caldo da un italiano si può percepire la sua tendenza a schierarsi, a trasformare tutto in un qualcosa che assomiglia al tifo calcistico, a giudicare con superficialità evitando il dialogo approfondito e la razionalità.

Una volta, vedendo alla televisione una scena di un vecchio film di Totò in cui lui vendeva la Fontana di Trevi ad un turista per la somma di 20000 lire, ovviamente truffandolo, mi sono posto una domanda un po’ strana: fermo restando il fatto che chi commette una truffa deve essere perseguito dalla legge, ma la superficialità e l’ingenuità del turista che nel film veniva truffato, fino a che punto non possono essere considerate una parte di colpa?

E lo stesso ragionamento non potrebbe essere valido, oltre che per i comunissimi reati di truffa, anche per quelli di falso ideologico?

Grazie per avermi dedicato la Vostra cortese attenzione e… in bocca al lupo!

EmmeEffe

(28 dicembre 2017)

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