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La Marus

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Il nome Marus ha assunto nel corso degli anni il valore di sinonimo di tuta di volo per le combinazioni usate dagli equipaggi della Regia Aeronautica ed anche per quelli dell’immediato dopoguerra, arrivando fin quasi ai nostri giorni. Nonostante la parola evochi una vaga eco di assonanza latina, il nome non ha un significato specifico ma è un acronimo.


Nel mondo dell’Aviazione Italiana, a partire dall’inizio degli anni 30 sino alle soglie degli anni 70, tutte le combinazioni da volo indossate dai nostri aviatori, specie se basate sul comodo spezzato giubbotto (dotato di collo in pelliccia) e pantaloni, si sono chiamate Marus. Cosa in realtà significhi il nome è abbastanza semplice: si tratta dell’acronimo (Manifattura Abiti Ragazzo Uomo Signora - M.A.R.U.S.) della prima delle aziende produttrici del capo. Successivamente, dato il grande successo del marchio, l’acronimo assunse valore sostantivo perdendo i segni di interpunzione ed acquisendo una M maiuscola iniziale di vaga somiglianza con la sigla di Mussolini.marus1

Dietro a questi fatti c’è un contesto storico e industriale in cui il capo di vestiario di cui parliamo vide la luce. Erano gli anni travolgenti della neonata Forza Armata, moderna per definizione: la Regia Aeronautica, resa il 28 marzo 1923 indipendente dall’Esercito e dalla Marina.

Sotto la formidabile promozione di Italo Balbo, rappresentava il simbolo di innovazione e futuro così importante per il regime, ma più in generale per la cultura dei tempi. I Futuristi presero a simbolo del movimento l’aereo e l’aeronautica; Liala componeva romanzi popolari infarciti di avventure aeronautiche; D’Annunzio spaziava in lungo ed in largo nel mondo dei cieli; Giulio Douhet scrisse uno dei massimi trattati di strategia aeronautica; il cinema (con un esordiente Rossellini) distribuì il capostipite italiano dei film aeronautici “Luciano Serra Pilota” e produsse numerosi film di successo incentrati sull’aeronautica.

Italo Balbo teorizzava la costituzione di un sistema aeronautico basato su formazione, industria, forza armata, apparato militare e sistema commerciale. Seguì l’idea in ogni dettaglio, dalla costruzione di “Palazzo Aeronautica”, all’edizione di un dizionario dei termini aeronautici, dalle trasvolate alle tenute di volo degli equipaggi. E la realizzazione pratica del nuovo indumento di volo fu assegnato per prima alla M.A.R.U.S. di Torino.

marus2Si trattava di una tuta a unico pezzo per i piloti da caccia o di uno spezzato, giubbetto e pantaloni, per i velivoli più capaci, entrambi abbastanza ampi da permettere l’uso di altri indumenti al di sotto, spesso indumenti personali dei piloti. Le combinazioni erano realizzate in gabardine di lana impermeabilizzata, in color marrone o blu. Il giubbino aveva fodera staccabile o fissa in pelo d’agnello color nocciola, due tasche al petto verticali chiuse da lampo e maniche con polsini in lana elasticizzata, stessa fascia era applicata anche in vita; l’allacciatura era centrale, con chiusura lampo tipo RiRi (‘'rille und rippe’) metallica. Il colletto era in pelo d’agnello ma poteva anche esserne privo, nel qual caso era fornito di stellette. Gli ampi pantaloni, dello stesso materiale del giubbetto, erano stretti in vita con cintura elastica e alle caviglie aveva delle cerniere; sopra al ginocchio esistevano poi due ampi tasconi a toppa, la cui foggia cambiò più di una volta, mentre sui fianchi c’erano tasche con cerniere lampo. Tasche ed altri dettagli cambiarono spesso anche a seconda delle aziende produttrici.

La ditta M.A.R.U.S. era un’impresa del Gruppo Finanziario Tessile (GFT) di Torino, e qui si introduce un altro argomento che descrive bene le tendenze innovative nelle produzioni per le masse anche nel settore dell’abbigliamento. Il gruppo GFT, promosso tra gli altri da Isaia Levi e dalla Lanifici Rivetti, aveva introdotto in Italia, dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, il rinnovamento delle tecniche produttive di abbigliamento, con l'adozione di sistemi di produzione, manifattura e distribuzione industriale importati dagli Stati Uniti. Oltre ad un perfezionamento del sistema delle taglie, furono create le catene di magazzini di distribuzione Facis (Fabbrica Abiti Confezionati in Serie), Marus, Sidi (sartoria), Cori (abbigliamento femminile), contribuendo poi nel secondo dopoguerra anche al successo di varie griffe italiche: Armani, Valentino e Ungaro. Dopo la crisi del ’29 il gruppo ebbe un ruolo importante anche nella sopravvivenza di un altro marchio fondamentale per la produzione di abbigliamento aeronautico: la ditta Giusti di Roma (anch’essa oggi scomparsa e della quale sono riuscito a veder le ultime vestigia essendomi fatto confezionare da loro alcuni capi per Alitalia negli anni ’80).

All’epoca, e non solo per l’origine torinese, si poteva considerare il GFT una “Fiat dell’abbigliamento”. Rimane a testimoniare l’epopea della GFT anche la sede, all'angolo tra corso Giulio Cesare e corso Emilia. Il vecchio edificio di produzione, affacciato su corso Emilia, presenta l'architettura tipica delle fabbriche novecentesche torinesi, con grandi finestre, che davano il ritmo agli spazi interni. Anche l'edificio degli uffici presentava queste caratteristiche: quattro piani di grandi finestre fitte, quasi a tutta altezza, e di colori sobri, come si usa da sempre a Torino.

Negli anni '80, la vecchia sede degli uffici fu demolita, per fare posto a Casa Aurora, uno dei primi interventi di architettura contemporanea nella Torino post industriale, firmato da architetti di grande prestigio come Aldo Rossi e Gianni Braghieri.

(29 gennaio 2018)

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