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Due incidenti... - II

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(segue) II - Due incidenti nel breve volgere di pochi giorni sono sempre un campanello d’allarme da non trascurare, anche se vengono dopo un periodo di oltre un anno senza incidenti gravi, ed in particolar modo se coinvolgono realtà operative che, sia pure per ragioni diverse, sono spesso indicate come critiche dagli addetti ai lavori.


Dei problemi di carattere generale che affliggono il trasporto aereo in paesi come l’Iran e la Russia post-sovietica (ma anche l’Africa e vaste parti dell’Estremo Oriente) abbiamo già parlato diverse volte. Per restare ai due incidenti sui quali oggi si focalizza la nostra attenzione, non possiamo fare a meno di notare che in ambedue i casi sembrano aver giocato un ruolo di non secondaria importanza le avverse condizioni meteo, ed in particolare il ghiaccio.

Non è abitudine di Manuale di Volo anticipare le conclusioni delle commissioni d’inchiesta, che peraltro sono già al lavoro sia in Iran che in Russia, ma è proprio dalle prime notizie che queste commissioni hanno rilasciato che è possibile arguire alcuni fatti.

Per esempio che l’ATR iraniano ha effettuato una discesa prematura in condizioni di ghiaccio e nuvolosità ben peggiori di quelle che in sede di pianificazione erano previste, perdendo progressivamente velocità fino a stallare, cosa che ha determinato una ulteriore perdita di quota, fino all’impatto contro l’ultimo crinale montuoso che lo separava dall’aeroporto di destinazione.

Ed è lecito chiedersi quanto nella decisione di anticipare la discesa abbia influito la volontà del comandante (pilota di grande esperienza, con più di 17.000 ore di volo) di uscire quanto prima da una situazione in cui sapeva benissimo che l’ATR mostra preoccupanti limiti di volabilità, e quanto viceversa la scarsa esperienza (appena 100 ore) sul tipo di aereo abbia pesato sulla apparentemente supina accettazione delle decisioni del suo comandante (peraltro anche pilota istruttore) da parte del copilota.

Il tutto in una zona montuosa dove, ad onta delle affermazioni delle autorità iraniane che parlano di grossi investimenti (illuminazione della pista e due radiofari), l’aeroporto di Yasuj resta servito, almeno per quelli che sono gli standard mondiali, in maniera abbastanza rudimentale. Le due radioassistenze di cui sopra, un NDB e un DME, non sono “di precisione”; è pubblicato un solo tipo di avvicinamento strumentale, ovviamente di “non precisione”, e quindi con minime di avvicinamento alte; non esiste copertura radar e non ci sono procedure espressamente previste per la transizione dalla navigazione in rotta all’avvicinamento.

E come se non bastasse, anche il servizio di informazioni e previsioni meteo, di fondamentale importanza per un aeroporto aperto alle operazioni in inverno in una zona montagnosa, è gestito in maniera a dir poco approssimativa: basti pensare che in sede di pianificazione del volo all’aeroporto Mehrabad di Teheran (circa due ore prima dell’incidente) ai piloti erano stati forniti bollettini dell’aeroporto di destinazione che riportavano una temperatura al suolo di 13°C e una nuvolosità che avrebbe in linea teorica dovuto garantire una discreta visibilità dei picchi delle montagne che circondano Yasuj… solo al momento del contatto radio con la torre di controllo, e quindi a discesa già iniziata, hanno appreso che la nuvolosità era ben più densa e bassa, e che la temperatura era addirittura di 2°C sotto lo zero.

Quello che i piloti, ed in particolar modo l’esperto comandante, si aspettavano di dover affrontare durante la loro discesa era sì una coltre di nubi, ma non così spessa come poi si è rivelata e, soprattutto, con temperature interne tali da non causare accumuli di ghiaccio pericolosi per il volo.

Una trappola quasi perfetta per un volo che, anche in condizioni “normali”, è comunque senz’altro molto impegnativo (continua)

(14 marzo 2018)

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