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Il nuovo Airbus A-220

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La gestazione di un nuovo aereo di linea non è esattamente la cosa più rapida di questo mondo, e tra l’inizio della progettazione e il primo volo in linea passano almeno una decina di anni. Non poteva dunque non destare stupore, l’11 luglio scorso, l’atterraggio a Tolosa di un aereo che due settimane prima ancora non esisteva.


Tanto per fare qualche esempio, ill Boeing B-787, nato nella mente dei dirigenti di Seattle già all’indomani dell’attentato delle Torri Gemelle, aveva cominciato a “volare” sui tavoli dei progettisti nel 2003, per poi staccare le ruote da terra nel 2009 ed entrare in linea nel 2011. E il gigantesco Airbus A-380, dopo essere stato annunciato nel 1990 al salone di Farnborough, imbarcò i suoi primi passeggeri paganti addirittura nel 2007.

Come ha dunque fatto il nuovo Airbus A-220 ad essere pronto, e addirittura in due versioni diverse (la -100 e la -300), in meno di 15 giorni? Ebbene la risposta è che l’A-220 in realtà già volava, e dopo una gestazione durata, come da regola, una decina di anni, già da due anni trasportava passeggeri in giro per il mondo, solo che lo faceva con il nome di Bombardier CSeries.

Questa sorta di fulminea ri-nascita è in realtà frutto della concomitanza di una guerra commerciale storica, quella tra Boeing e Airbus, con gli effetti della clava dei dazi che da qualche tempo in qua Donald Trump va minacciosamente brandendo sui mercati mondiali.

Cominciamo dalla guerra tra i due colossi dell’aviazione mondiale: la prima mossa l’aveva fatta Airbus lo scorso ottobre, concludendo un accordo per acquisire il controllo della produzione dei CSeries, il cui sviluppo aveva messo in difficoltà finanziarie la canadese Bombardier.

Come in molti avevano previsto, Boeing non è stata a guardare, e forte dei numerosi contatti e collaborazioni già da tempo in essere con la brasiliana Embraer (terzo produttore di aerei civili al mondo), ha accelerato i tempi siglando un protocollo per creare una joint venture alla quale verranno conferite le attività di Embraer nel settore dell'aviazione commerciale; in questa joint venture, Boeing peserà per l’80%, di fatto controllando l’intero settore, mentre un’altra parte dell’accordo regola anche la collaborazione nel settore militare.

Nel frattempo siamo arrivati a giugno, e nel quadro fin qui delineato fa irruzione, con la sua solita grazia da elefante in un negozio di cristalleria, il presidente americano Trump. Dopo che Boeing aveva presentato una denuncia al Dipartimento del Commercio USA puntando l’indice contro le sovvenzioni che il governo canadese avrebbe fornito a Bombardier per lo sviluppo dei CSeries, il presidente ha proposto un aumento del 300% dei dazi sull’acquisto di aerei canadesi da parte delle compagnie aeree americane (la sola Delta ha in ordine 75 CSeries).

Ancora pochi giorni, durante i quali peraltro è stato anche ufficializzato sui mercati l’accordo Boeing-Embraer, e da Tolosa ecco la contromossa: il Bombardier CSeries non esiste più, ed al suo posto c’è un aereo di linea Airbus, produttore al quale sarà ben più difficile applicare dazi così penalizzanti, visto che le compagnie statunitensi, incredibilmente, per oltre il 50% “volano” Airbus e una mossa del genere provocherebbe loro danni incalcolabili.

Dal punto di vista strettamente aeronautico e commerciale, invece, le due operazioni si somigliano molto, in quanto ambedue vanno a colmare, a Tolosa come a Seattle, un vuoto produttivo nella fascia dei jet da 80-120 passeggeri.

C’è quindi da scommettere che la partita si risolverà in un sostanziale pareggio, con i cieli del mondo ormai equamente suddivisi tra Boeing e Airbus, mentre la cinese ComAC stenta a decollare e la russa Suhkoi deve accontentarsi delle poche briciole rimaste.

(18 luglio 2018)

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