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Sorvegliato speciale

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Oggi lo walkaround, l'ispezione visiva esterna dell'aereo che si fa prima del volo, è stato più lungo del solito perché c'era da valutare, insieme al tecnico, una leggera perdita di fluido idraulico su un carrello ed è così che, nel risalire a bordo, mi trovo intruppato nella calca dei passeggeri che si stanno imbarcando.

Inizio a farmi largo chiedendo permesso e mormorando scuse in tre o quattro lingue diverse, ma un corpulento signore brizzolato, apparentemente sordo ai miei richiami, non ne vuol sapere di darmi strada, tanto che alla fine un altro passeggero interviene, dapprima con una spintarella e poi con un vero e proprio strattone, per farlo spostare un poco.

Mentre mi infilo in mezzo ai due, sempre salmodiando ringraziamenti e scuse plurilingue, quello che gentilmente si è adoperato per farmi passare mi fissa con uno sguardo ammiccante e divertito, e dal rapido gesto della sua mano davanti al volto capisco che nell'altro passeggero c'è qualcosa che non va. Mi giro dalla sua parte e mi arriva chiaramente alle narici una leggera zaffata di alcool: il tipo ha bevuto.

Non è evidentemente ubriaco, ma ha senz'altro alzato un po' il gomito. Non ha un atteggiamento aggressivo, né molesto ed è fondamentalmente autonomo (a parte un leggero ritardo nel farsi da parte) ma vale la pena comunque tenerlo d'occhio e cercare di valutare se è in grado o meno di affrontare il volo, e così lo segnalo immediatamente agli assistenti di volo e me ne torno in cockpit.

Prima di chiudere definitivamente le porte dell'aereo, però, ci consultiamo nuovamente col capo cabina sullo stato del nostro “sorvegliato speciale”.

La maggior parte di quelli (rari, per fortuna) che si presentano a bordo un po' alticci ha di solito bevuto qualcosa in aeroporto per ingannare la noia dell'attesa ma, soprattutto, per tenere a freno l'ansia per il volo imminente. Questa tipologia di passeggeri è solitamente di facile gestione: una volta accertato che è in grado di reagire agli stimoli esterni, basta che durante il servizio gli assistenti di volo abbiano l'accortezza di non farlo bere ulteriormente e, nella maggior parte dei casi, dormirà tranquillamente per tutto il volo.

E infatti dieci ore dopo, a destinazione, mentre i nostri passeggeri stanno lasciando l'aereo, mi passa davanti quello che alla partenza aveva spintonato l'altro: non ha perso il suo buonumore, e mentre con un gesto della testa accenna vagamente alle poltrone, ridacchia e mima il gesto di uno che sta dormendo.

A sbarco ultimato, una hostess mi conferma che il “sorvegliato speciale”, in effetti, ha dormito da dieci minuti dopo il decollo fino all'inizio della discesa, svegliandosi solo per andare in bagno di quando in quando, e che l'unica cosa che ha chiesto, poco prima dell'atterraggio, è stato un bel caffè.

Tutto sommato, dunque, la sua cura per l'ansia ha funzionato... c'è da scommettere che anche al volo di ritorno si presenterà con un bicchiere di troppo in corpo.

(28 gennaio 2010)

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