Iscrizione Newsletter

Iscriviti alla Newsletter



Login

La marcia su Roma

Attenzione: apre in una nuova finestra. PDFStampaE-mail

Indice
La marcia su Roma
La stretta finale
Tutte le pagine

Quattordicesima puntata del dossier Alitalia CAI, per gentile concessione di Felice Saulino www.felicesaulino.it
Intanto Cai ha già fissato il prezzo: 350 milioni di euro per tenersi la polpa. Il 5 settembre la cordata patriottica presenta il suo piano e lo battezza “Progetto Fenice”.

Un modo per far capire subito, e senza falsa modestia, che nella mani dei nuovi azionisti privati l’Alitalia risorgerà dalla macerie della gestione pubblica. Proprio come la Fenice, l’uccello mitologico che rinasceva dalle sue ceneri dopo la morte.

Il Progetto Fenice divide la compagnia di bandiera in due. Da un lato,  la polpa con tutto l’attivo: slot, permessi di volo, marchio, parco passeggeri, aerei e il personale necessario per farli volare. Questa parte andrà ai “patrioti” di Cai. Dall’altro lato viene creata la “bad company”: debiti, passivi ed esuberi che saranno interamente a carico dello Stato. Secondo Ugo Arrigo, professore di Scienza delle finanze alla Bicocca di Milano, “in sette anni l’operazione Alitalia costerà ai contribuenti italiani almeno cinque miliardi di euro”.

Il 28 ottobre 2008, 86° anniversario della mussoliniana Marcia su Roma, i “patrioti” di Cai festeggiano il gran giorno dell’assemblea. La Compagnia aerea italiana  diventa società per azioni, adotta lo statuto, delibera un aumento di capitale fino a 1,1 miliardi euro ed elegge il Consiglio d’amministrazione che resterà in carica fino al 2010.

La prima riunione del nuovo Cda è convocata per il 31 ottobre, ultimo giorno utile per presentare l’offerta al commissario Fantozzi e scongiurare il fallimento. Ma i nuovi padroni fanno sapere che daranno via libera all’offerta solo dopo aver ottenuto la firma dai sindacati sui contratti e sui criteri di assunzione del personale .

Detta in termini brutali: o i sindacati accettano i contratti proposti dall’azienda oppure salta tutto. Cai si ritira e Alitalia fallisce. Prendere o lasciare. E non è finita: l’offerta rimarrà comunque congelata fino a quando Bruxelles emetterà il suo verdetto  sui 300 milioni del prestito ponte. Insomma, i nuovi azionisti privati non intendono restituire nemmeno un euro di quei soldi che intanto sono stati incamerati come capitale.

E il vincolo dei cinque anni? A settembre i soci Cai si erano impegnati con il governo a non vendere le azioni Alitalia per cinque anni. Nello statuto approvato dall’assemblea questo limite c’è. Ma c’è anche una scappatoia. Invece di scrivere che il trasferimento delle azioni è vietato per cinque anni, punto e basta, gli estensori hanno previsto un’eccezione. Il passaggio di mano potrà avvenire anche prima del quinquennio.

Il 29 ottobre, dopo sette ore di trattativa, Cai abbandona il tavolo del confronto con i sindacati.

È rottura. Mancano due giorni alla scadenza dell’offerta e la cordata patriottica minaccia nuovamente il ritiro. Ma, secondo i rappresentanti Sdl, una delle sigle sindacali che si sono rifiutate di firmare l’accordo, dietro lo scontro si nasconde altro: “Il prezzo dell’Alitalia”. L’advisor di Fantozzi, la banca Rothschild, avrebbe valutato la “polpa” della compagnia in via di privatizzazione “tra i 900 milioni e il miliardo di euro” contro i 350 proposti da Cai.

Da Palazzo Chigi filtrano indiscrezioni su un Berlusconi “furioso” che chiama al telefono uno per uno i 16 soci per convincerli a firmare. Il Cavaliere è sui carboni accesi: un ritiro dell’offerta Cai riaprirebbe il caso Alitalia. Sarebbe un colpo durissimo al premier e alla credibilità d’un governo già costretto a fare i conti con le manifestazioni di piazza contro la riforma della scuola firmata dal ministro Gelmini.

In tarda mattinata, la presidenza del Consiglio convoca le parti. “Letta ci salverà” assicura il Presidente del Consiglio, che scommette ancora una volta sulle capacità di mediazione del suo braccio destro.



RSS
RSS