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Licenziato! Anzi, no...

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Il pretesto era quello di alcune e-mail che per Alitalia-CAI costituivano “grave lesione del rapporto fiduciario e giusta causa di licenziamento” nei confronti di un comandante che, a norma del vigente contratto, riveste anche la qualifica di “dirigente”.

E così Stefano Zanolli, 44 anni di cui 21 passati a pilotare gli aerei prima della “vecchia” Alitalia e poi, ma solo per pochi mesi, quelli di CAI, si è visto recapitare, il 20 aprile del 2009, una lettera di licenziamento.

Le e-mail incriminate erano passate su una mailing-list chiusa (ANPACmail) riservata agli iscritti all'organizzazione professionale stessa e storico punto di incontro e discussione per una categoria che, in virtù della peculiarità del proprio lavoro, è sparpagliata ai quattro angoli del mondo.

In esse Zanolli ironizzava su un questionario proposto ai piloti dall'azienda, dichiarava il proprio disagio nei confronti della nuova proprietà (disagio tanto forte da farlo sentire “in guerra”), professava forti dubbi sulle reali intenzioni imprenditoriali della “cordata di patrioti” e prefigurava una serie di agitazioni e scioperi... forse quelli che il ministro Matteoli ha poi provveduto a bloccare per mesi con le sue ordinanze.

Qualche “gola profonda”, animata da sacro zelo aziendale, aveva ritenuto opportuno far giungere, in busta rigorosamente anonima, le e-mail in questione ai piani alti della Magliana, e così era scattato il licenziamento “per giusta causa”.

Causa che, viceversa, non è poi sembrata così giusta al giudice del lavoro di Civitavecchia che, nelle sette pagine della sentenza emessa il 18 febbraio scorso ha ordinato la reintegrazione di Zanolli nel suo posto di lavoro.

Dopo aver fatto notare che l'acquisizione delle prove che avevano portato al licenziamento era avvenuta in modo illegittimo “non essendo CAI in possesso di alcun titolo legittimante il suo accesso alla mailing-list di ANPAC”, il giudice ha anche affermato che le espressioni usate da Zanolli, ancorché espresse in maniera molto dura, restano nel campo delle libere opinioni e comunque "non appaiono tali da giustificare la sfiducia'' del datore di lavoro e che, ''anche nell'ipotesi in cui si dovesse ritenere che il licenziamento è fondato su documentazione acquisita legittimamente, esso non è assistito da giusta causa e rivela, quindi, altro intento''.

L'altro intento appare più chiaro alla luce delle dichiarazioni rese al giudice dal vice-presidente di ANPAC, secondo il quale, dopo il licenziamento di Zanolli, “il numero dei messaggi inviati in lista è passato da 1500 a 130 al mese”.

Ravvisando in questo fatto “un effetto dissuasivo su coloro che partecipavano al dibattito e, pertanto, una limitazione della diffusione del pensiero, con grave danno per gli interessi dell'associazione sindacale”, dissuasione tanto più forte perché esercitata ai danni di un elemento “particolarmente attivo” e che aveva in passato ricoperto importanti incarichi in seno a ANPAC, il giudice ha considerato il comportamento di Alitalia-CAI “oggettivamente antisindacale”, ordinando la  “reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e nelle mansioni espletate” e condannando la compagnia anche alla rifusione delle spese di lite, fissate in 2450 euro.

Per Stefano Zanolli la fine di un incubo, per Alitalia-CAI un chiaro segnale della necessità di rivedere l'impostazione dei rapporti col proprio personale, anche in considerazione dell'ampio seguito di cui ANPAC (che proprio in questi giorni, con la fondazione del nuovo soggetto sindacale IPA, sta finalizzando il progetto di federazione con FILT-CGIL) gode tra i piloti.

Segnale tanto più forte perché giunto a due settimane di distanza dal primo, dopo ben nove  differimenti imposti dal ministro Matteoli, sciopero di piloti e assistenti di volo contro la nuova proprietà dell'ex compagnia di bandiera.

(26 febbraio 2010)

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