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Prestito ponte...

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Prestito ponte...
Come ti salvo AirOne
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Sedicesima puntata del dossier Alitalia CAI, per gentile concessione di Felice Saulino www.felicesaulino.it
...quando D'Alema chiese di portarlo a trecento milioni.
Il 22 aprile 2008 Romano Prodi è già con un piede fuori da Palazzo Chigi: è arrivato al capolinea della sua avventura politica e al suo ultimo Consiglio dei Ministri, ma deve occuparsi ancora una volta di Alitalia.

Aiutata dai sindacati, Air France ha rinunciato all’acquisto, la “cordata patriottica” annunciata dal Cavaliere non si è ancora materializzata e la compagnia di bandiera è di nuovo in emergenza: perde un milione di euro al giorno e ha in cassa, euro più euro meno, circa 150 milioni. Dopo aver perso il governo e aver subito l’onta del ritorno di Berlusconi a Palazzo Chigi, l’ex presidente dell’Iri non vuole passare alla storia come l’uomo che ha chiuso l’Alitalia.

Prodi sa che per evitare il danno e la beffa deve dare un altro po’ d’ossigeno alla società della Magliana per passare la patata bollente al Cavaliere che ha mandato in fumo 17 mesi di trattative e un accordo già fatto con Air France. Ma come? Le banche non possono concedere prestiti a un’azienda in pieno dissesto e un ennesimo intervento pubblico finirebbe subito nel mirino di Bruxelles come “aiuto di Stato”.

A Palazzo Chigi si studiano le possibilità tecniche d’intervento con la Commissione europea e con gli emissari di Berlusconi: Gianni Letta e Bruno Ermolli, il banchiere amico del Cavaliere che sta cercando di mettere insieme la cordata patriottica.

Il dossier Alitalia viene esaminato e riesaminato dai collaboratori di Prodi alla ricerca d’un appiglio tecnico per giustificare un ennesimo intervento dello Stato. Il titolo in Borsa viene sospeso. Alla fine, si decide per un “prestito ponte” da restituire entro il 31 dicembre 2008 e motivato da ragioni di ordine pubblico.

Alle 18 del 22 aprile, entrando a Palazzo Chigi, il ministro Bersani fotografa così la situazione: “Stiamo cercando di affrontare questo problema in termini di compatibilità con le norme Ue”

Il ministro dell’Economia Padoa Schioppa e Prodi hanno preparato un decreto con un prestito di 100 milioni di euro. Non intendono comunque andare oltre i 150, somma che avrebbe consentito di raddoppiare la liquidità di Alitalia. D’altra parte è anche la cifra chiesta da Gianni Letta (150-200 milioni) la settimana prima in un incontro con il nipote Enrico, braccio destro di Prodi a Palazzo Chigi.

La discussione in Consiglio si fa subito accesa. Di Pietro è contrario ad aumentare il plafond previsto. Il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi dice che non si possono superare i 150 milioni. Emma Bonino e Pierluigi Bersani sono disposti a concedere qualcosa di più, ma si battono per rimanere entro i 200 milioni.

È D’Alema a fischiare la fine della partita spiazzando tutti. Dice di aver parlato con Letta e che servono 300 milioni. “In caso contrario” – spiega ai presenti che lo ascoltano in un silenzio irreale, a metà tra il sorpreso e il rassegnato – “il centrosinistra potrebbe essere accusato di aver fatto fallire l’Alitalia”. Poi conclude: “La responsabilità dei 300 milioni è comunque di Berlusconi. Abbiamo lavorato per mesi per evitare il crac. Ora tocca a lui governare e non avrebbe senso una scelta diversa da parte nostra…”

Ricorda l’ex ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi: “Entrai in Consiglio dei Ministri convinto che avremmo chiuso con la metà della cifra indicata da D’Alema. Sapevamo che l’Alitalia aveva in cassa ancora 150 milioni di euro, dandogliene altri 150 avremmo garantito una disponibilità più che congrua per consentirle di tirare avanti ancora qualche mese… D’Alema ci colse tutti di sorpresa… Disse che aveva parlato con Gianni Letta… A quel punto, nessuno trovò la forza di opporsi. Prodi aveva fretta, noi ministri eravamo al nostro ultimo appuntamento e volevamo solo una cosa: liberarci del problema Alitalia per tornarcene a casa…”



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