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La logica dell’attentato

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Una semplice dimostrazione dell’assunto che le reazioni dei governi favoriscono gli obiettivi terroristici si può trovare in USA, patria dei diritti dell’uomo dal 1776 quando il 4 Luglio fu annunciata la dichiarazione di indipendenza.

Mai ed in nessun caso si sarebbero potute approvare leggi come il Patriot Act (USA PATRIOT Act, acronimo di Uniting and Strengthening America by Providing Appropriate Tools Required to Intercept and Obstruct Terrorism Act of 2001 - è una legge federale statunitense) o la Homeland Security Act (il presidente Bush firmò lo Homeland Security Bill tramutandolo in legge il 25 Novembre 2002).

Sia l’amministrazione Bush che le maggiori fonti di informazione rivendicarono la necessità di tali leggi liberticide a causa degli attacchi dell’11 settembre. Il riscontro lo si può trovare nella sentenza della corte suprema che nel 2007 ha dichiarato incostituzionale proprio il patriot act.

Quindi si può concludere che il terrorismo è un tipo di guerra particolare, condotta con sistemi diversi da quelli tradizionali. Una guerra psicologica, il cui fine è quello di demoralizzare il nemico. Il terrorismo è anche una forma di spettacolo: gli attentati vengono compiuti da attori e sono rivolti a un pubblico. L’obiettivo che si prefiggono non è la distruzione pura e semplice, bensì la pubblicità che da essa deriva. La pubblicità mira quasi sempre ad attirare l’attenzione su una qualche causa o sulle richieste di qualche gruppo. Quindi, non si può far altro che analizzare i singoli messaggi, gli eventi, e cercare un elemento che li accomuni. Qual è questo elemento comune?

La loro evitabilità.

Se si rileggono gli articoli di giornale i servizi di radio e TV dopo ogni attentato c’è sempre stato qualcuno -anonimi personaggi di rilievo istituzionale, in genere- che ha commentato dicendo: “Se fossero state messe in atto adeguate misure di sorveglianza, tutto questo sarebbe stato evitato”, come non citare il caso dell’attentatore Umar Umar Farouk Abdulmutallab denunciato addirittura ben in anticipo dal padre, o quello dell’attentato alla metro di Mosca “Queste esplosioni sono state ad opera di due donne proprio mentre un mese prima la CIA aveva messo in guardia tutti riguardo il numero crescente di kamikaze di sesso femminile".

Ecco il risultato che il terrorista ottiene e che gli viene scodellato di solito su di un piatto d’argento. I governi non hanno voglia di combattere guerre impari, e nonostante quello che annunciano finiscono sempre per accordarsi con i terroristi, che alla lunga vincono, rimangono invece gli effetti indesiderati per la democrazia.

Forse i governi puntano ad un trattato sulla creazione di un’agenzia di sorveglianza internazionale, una specie di agenzia antiterrorismo sotto egida ONU. Questo potrebbe richiedere investimenti per svariati miliardi di dollari finalizzati all’acquisto di nuovi satelliti e apparecchiature satellitari, nuovi equipaggiamenti I.T. per le polizie e via dicendo. Una prospettiva potenzialmente molto feconda per le imprese che dovranno fornire tutto questo materiale. Forse, qui sta il nocciolo della questione. Il trattato internazionale servirebbe da paravento per dare avvio a una politica di investimenti nel settore della difesa, per prepararsi contro la minaccia terroristica, residua minaccia alla pace dopo la fine della Guerra Fredda e quindi la fine degli incredibili stanziamenti militari. Il terrorismo non fa che facilitare questi processi.

Il problema è rappresentato dalle cause, dalle ragioni, dalle motivazioni che ispirano ed inducono al terrorismo (come a tutte le altre forme di guerra!). La ricerca della soluzione sta nel cercare di eliminare tali cause per buone o cattive, per giuste o ingiuste che siano.

Paradossalmente la terrificante potenza distruttiva dell’ordigno nucleare è riuscita ad ingenerare nei potenziali decisori di un conflitto atomico una responsabile capacità di riflessione che ha salvato la pace e impedito la catastrofe nucleare (tra i tanti difetti, il genere umano almeno sinora ha dimostrato di non arrivare a quello dell’autodistruzione).

In sostanza contro la democrazia il terrorismo non ha mai avuto successo, questo dovrebbe essere il metro reale con cui misurare le opzioni di lotta al terrorismo. Occorre rispondere al terrorismo con maggiore democrazia invece che con riduzioni delle libertà, altrimenti si cederà realmente agli attentati.

(14 marzo 2010)

 

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