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Fermata Bakirkoy

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Articolo già apparso nel numero di ottobre 2010 de "La Gazzetta di Istanbul", organo della comunità italiana a Istanbul, diretta da Fabio L. Grassi.
E cammina cammina uno arriva a Bakirkoy! ...anche se io ci sono arrivato... volando. Vi racconto perché.

Nel 1980 venni chiamato dalla compagnia di bandiera italiana, l’Alitalia, a frequentare il primo corso della sua nuova scuola di Alghero. Avevo cominciato a volare sette anni prima e quella era l’occasione della vita. Iniziai come terzo pilota di DC10, un grosso trimotore che andava dall’Italia alle Americhe, in India, verso le isole dell’Oceano Indiano, l’Australia, il Giappone, l’Africa...

Il mio primo volo fu per Chicago. Atterrai laggiù la sera di Halloween: nevicava ma nelle strade c’erano streghe, scheletri alle porte e mostri negli autobus. Mi pareva un sogno, un incubo, un film.

Il film duro’ trent’anni e fu tutta la mia carriera. A 43 anni ero comandante di B747, il Jumbo Jet delle cartoline. Due anni dopo, le torri gemelle e con loro il dolore immenso, la fine del jet set, del glamour degli aeroporti, delle beauty-case color pastello. La crisi mondiale e la vendita di Alitalia in bilico da anni.

Il mio ultimo volo con la “freccia alata” è stato Osaka andata e ritorno, giusto un anno fa dopo l’avvento di Cai e dei “patrioti” di Colaninno. Poi, la cassa integrazione: per un lavoratore di 50 anni è un po’ come la cassa da morto. Solo che sei vivo.

Un pilota senza aereo è come un gelato senza frigidaire: si dissolve e non è più buono, non è più nulla. Brevetto, licenza, abilitazioni decadono in 12 mesi e così anni di esperienza, di professionalità, di competenze non contano più. Restano soltanto i ricordi...

Mi sono sempre piaciuti i libri di storia, di archeologia, di viaggi. Tra gli autori preferiti, Pierre Loti che quando arrivò a Istanbul, allora Costantinopoli, conobbe una odalisca bellissima dagli occhi verdi di cui si innamorò, ma non abbastanza per disertare. Partì, l’ufficiale, e ritornò due anni dopo. La povera Aziyadé era ormai morta d’amore, consumata dall’attesa, dalla nostalgia e dai ricordi di una passione. I ricordi, sempre loro...

A giugno, una sera, squilla il mio telefono. Un amico che si chiama Capitani (un capitano con quel nome: nomen omen, da vero romano!) mi informa che la compagnia turca cerca comandanti per i suoi nuovi B777, voli intercontinentali. Spedisco una mail con il mio curriculum e poche settimane dopo mi ritrovo a fare colloqui e selezioni in piena babele: la flotta della Turkish Airlines cresce come l’economia del suo Paese e comunque più velocemente di quanto non cresca la popolazione dei suoi piloti.

Decine di nuovi aerei in continua consegna. Ad esempio un nuovo B777 ogni mese per un intero anno. Risultato: assunti in pochi mesi più di 600 piloti stranieri, da 40 Paesi, 20 lingue-madre differenti...

E’ una grande sfida, un immenso impegno organizzativo, sul piano della sicurezza, dell’efficienza e del profitto. L’obbiettivo neppure celato è diventare la migliore compagnia aerea “global” europea!

Eccomi dunque giunto a Bakirkoy, dove per ora -come Loti- vivo occupando una stanza d’albergo e portando un taccuino in tasca per annotare le cose che vedo. Come sempre, ricordo molto meno di ciò che ho visto, avendo visto molto meno di ciò avrei voluto.

Ma se dovessi incontrare una ragazza bellissima dagli occhi verdi, lo dico a voi, non credo che diserterei i miei prossimi voli per restare sempre qui con lei, a Istanbul.

Lo avrete capito: non posso vivere di ricordi!

(N.d.A.: Bakirkoy é il nome del quartiere dove abito io e quindi della fermata del trenino che mi porta in centro)

(8 ottobre 2010)

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