Iscrizione Newsletter

Iscriviti alla Newsletter



Login

Archeologia e aviazione

Attenzione: apre in una nuova finestra. PDFStampaE-mail

In almeno due casi è possibile trovare una connessione tra l'attività archeologica e quella aviatoria . Il primo è quello della branca dell'archeologia che si occupa di storia industriale, e il secondo si riferisce invece alla ricerca archeologica “classica” condotta tramite un mezzo aereo.

L'archeologia industriale, nel settore tecnologico del volo, è diventata a poco a poco una scienza, approdata nei primi anni '80 a una sistematizzazione per lo più grazie alle attività dei vari musei dell’aviazione e dell’aeronautica. E' nata così l’archeologia aeronautica, che si articola nella ricerca di documenti, reperti e testimonianze da raccogliere e restaurare, proprio sulla traccia di quanto sviluppato nell’archeologia classica.

Uno dei massimi esponenti del settore è il generale Giuseppe Pesce, tra l’altro promotore del museo storico dell’Aeronautica Militare Italiana, che ha scritto il testo di riferimento della specialità, intitolato appunto “Archeologia Aeronautica”, edito dall’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Aeronautica.

L’altra attività che mette in connessione le due scienze è quella della ricerca diretta sul campo tramite i mezzi aerei: studi archeologici condotti dall'alto, permettendo così ricerche altrimenti lunghe e difficili (se non addirittura impossibili) da realizzare.

Già dai primi passi dell’aeronautica il mezzo volante fu utilizzato per la ricerca archeologica, dando così origine all’archeologia aerea, all’archeofotografia aeronautica, alla fotogrammetria aerea e poi a quella satellitare. La necessità di cogliere una visione generale d'insieme e di rendere evidenti i rapporti delle singole aree di scavo o delle strutture messe in luce durante un intervento archeologico, rese indispensabile l'uso della fotografia dall'alto.

Il primo in Italia a intuire l'importanza di una documentazione fotografica realizzata dall'aria fu l'archeologo Giacomo Boni (studioso che aveva iniziato a scavare con tecniche sperimentali di avanguardia che prevedevano, tra l'altro, le analisi stratigrafiche) il quale utilizzò nel 1899 un pallone frenato per eseguire una serie di fotografie dei resti monumentali nell'area del Foro Romano. Tra le immagini scattate, fu poi riconosciuta una importante iscrizione pavimentale del pretore Nevio Sudino.

La ricerca fu possibile grazie all’entusiasmo dell’allora capitano Moris, comandante della Sezione Aerostatica della Brigata Mista del 3° Reggimento del Genio del Regio Esercito che a Roma aveva la sua base principale, e fu il primo caso in Europa di applicazione della fotografia aerea alla ricerca archeologica.

Nel 1907, sempre grazie alla collaborazione della Sezione Aviazione del Genio dell’Esercito si realizzò una serie di fotografie su lastra dell'area del porto di Claudio e Traiano evidenziandone le strutture attraverso le anomalie del terreno e della vegetazione. L'analisi attenta delle immagini portò alla scoperta del sito di un forte imperiale e furono evidenziate le fasi di accrescimento del delta del Tevere e il posizionamento di un antico meandro del corso fluviale abbandonato nel XVI secolo che, in origine, lambiva il castello di Ostia, posto a difesa del fiume.

Nel 1909, in occasione della presentazione a Roma del velivolo Flyer 4 dei fratelli Wright si ebbe anche la prima ripresa cinematografica da bordo di un aereo, con interessanti immagini dell’acquedotto Claudio e di Tor Fiscale.

L'interesse per le riprese aeree e per le sorprendenti potenzialità di ricerca spinse, nel 1911, l'archeologo Dante Vaglieri a realizzare, attraverso l'uso di un pallone, una completa documentazione degli scavi di Ostia. Negli stessi anni si fecero riprese aeree a Pompei e in vari siti archeologici tra cui il cromlech preistorico di Stonehenge in Inghilterra.

Ormai la strada era aperta, e nel 1915 piloti francesi fotografarono il sito di Troia. Nel 1919 T. Wiegand, capo della missione archeologica turco-tedesca in Medio Oriente, realizzò la schedatura dei siti romani della Palestina e del Sinai; mentre nel 1929 C. Saumagne scoprì la centuriazione romana di un vasto territorio tra El Djem (la città del “Colosseo” africano) e Rogga in Tunisia.

La possibilità d’individuazione di siti archeologici attraverso le aerofotografie fu sfruttata anche per rilevamenti di strutture sommerse a causa di fenomeni geologici e, già nel 1927, Paul Vouga tentò lo studio degli insediamenti palafitticoli nei laghi svizzeri, mentre il prete-archeologo Poidebard, nel 1935, realizzò un rilevamento completo delle strutture semi-sommerse della costa libanese presso la rada di Tiro e promosse una serie di immersioni di verifica.

Durante il secondo conflitto mondiale, per usi militari e di cartografia, si eseguirono numerosi voli di ricognizione fotografica su ampie porzioni di territorio. In Italia le foto aeree della Royal Air Force inglese, ordinate presso il Ministero per i Beni Culturali (ICCD), hanno rappresentato un'importante fonte di ricerca. Tra le zone fotografate nel Lazio dalla RAF nel 1943, va ricordata la zona della necropoli della Banditaccia, dove si scorgono un gran numero di tumuli livellati, altrimenti non visibili sul terreno.

Ai giorni nostri ormai le rilevazioni aeree sono per lo più effettuate tramite i satelliti e i voli spaziali delle navicelle russe e americane. Grazie a strumenti sofisticati e assistiti dall’elaborazione computerizzata, le immagini concernenti siti d’interesse archeologico acquisite durante i voli della navicella spaziale "Shuttle Endeavour" hanno permesso scoperte sulla città di Angkor (Cambogia), l'introvabile cittadella di Ubar (Oman), l'oasi di Safsaf (Egitto-Sudan) e la Via della Seta (Cina).

In Italia l’Agenzia Spaziale e la società Telespazio, insieme al Centro di Geodesia Spaziale di Matera, stanno sviluppando programmi civili dedicati anche al settore archeologico grazie al nuovissimo satellite italiano COSMO-SkyMed, iniziando con l’area di Pompei.

Impiegando tecnologie futuribili, la collaborazione tra aviazione ed archeologia continua a dimostrarsi feconda, promettendo altre importanti conquiste della conoscenza umana.

(6 febbraio 2011)

 

RSS
RSS