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Voci fuori dal coro

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Nella moltitudine di interventi di emergenza che hanno seguito il terremoto e la crisi nucleare del Giappone, uno dei problemi che le compagnie aeree si sono trovate ad affrontare è stato quello del mantenimento delle frequenze dei voli sull'aeroporto di Tokyo.

In particolare, la soluzione messa in atto da Alitalia ha destato non poche perplessità, e Manuale di Volo se n'è già occupato qualche giorno fa, rendendo conto delle preoccupazioni manifestate dalle associazioni professionali (con una lettera a ENAC) nei confronti di una turnazione di volo che in certi casi ha esteso, in deroga alle regolamentazioni vigenti, il periodo massimo di servizio addirittura oltre le 30 ore.

Torniamo ora sull'argomento raccogliendo i commenti di un comandante e un pilota, che ci chiedono di mantenere l'anonimato.

MdV - Qual è la ragione alla base di questa richiesta di anonimato?
Comandante - Diciamo che le relazioni sociali, in questi ultimi tempi, non brillano certo per trasparenza e correttezza, cosa che del resto è comune a tante altre situazioni industriali italiane, vedi caso FIAT, dove prevale la logica unilaterale del “prendere o lasciare”, senza concertazione e senza appello.
Pilota - Nel caso specifico, la concertazione con le organizzazioni dei piloti, che invece si sono trovate davanti al fatto compiuto, avrebbe consentito un'operazione diversa per questa grave emergenza. Se si fosse chiesto un sacrificio ai naviganti, ci sarebbero stati molti volontari pronti a svolgere il loro compito con professionalità ed orgoglio e senza costrizioni regolamentari, meschini interessi e reciproci calcoli.

MdV - Ma nel caso del Giappone si era di fronte a un'emergenza di tipo umanitario...
Comandante - Non è del tutto esatto: si sono spacciati per voli umanitari dei semplici voli di linea, sia pure in un contesto particolare e drammatico, dove i passeggeri pagavano regolarmente il biglietto, molti anche ad un prezzo abbastanza salato. E questo non è nemmeno lontanamente paragonabile al recupero dei connazionali a Tripoli, perché i voli di stato hanno tutt'altra giurisdizione e tutela.
Pilota - In questo caso invece il passeggero ignaro, che ha pagato il biglietto, si è ritrovato all'atterraggio dei piloti ai comandi che stavano in piedi da 30-32 ore. Nessuno pare essersi posto il problema della sicurezza dei passeggeri e degli equipaggi... tanto c'era la deroga del Ministero, di ENAC.

MdV - Insomma, si poteva agire diversamente...
Pilota - Mai come in questi momenti è necessaria quella coesione sociale e quell'unità di intenti che rendono grande ed unico un paese o un'azienda, e ribadisco che i volontari si sarebbero ugualmente trovati... i volontari veri, non quelli che hanno accettato stretti tra il timore di opporre un rifiuto all'azienda e la voglia di trarre un guadagno in più dalle molte ore volate, anche a costo di beccarsi una buona dose (ovviamente non ancora nota e reclamizzata al ribasso) di radiazioni.
Comandante - E' una logica mercenaria, ma in fin dei conti, in un paese dove si comprano e si vendono persino i parlamentari non c'è poi molto da stupirsi se i naviganti di quel che rimane della compagnia di bandiera volano al di fuori di ogni limite degno di questo nome, per oltre un giorno e con riposo praticamente assente.

MdV - Mercenario è una parola grossa...
Pilota - Io non credo che “mercenario” sia una parola grossa: non c'è una situazione tragica e sanguinosa come quella, drammaticamente vicina, della Libia; non c'è paragone con la violenza dei mercenari di Gheddafi; e tuttavia la “scelta” di operare fuori dai limiti solo per paura o per profitto non è la scelta di uomini coraggiosi che sentono di appartenere ad un progetto paese o ad un progetto aziendale. In questo senso, il termine “mercenario” non è assolutamente esagerato: ti pago bene, all'occorrenza, e tu fai silenziosamente, facendo finta anche di essere contento, tutto quello che ti dico di fare.
Comandante - E poi, in certi forum di discussione per piloti si sono usati anche termini più pesanti, a riprova del fatto che un tessuto sociale pregno di valori costruiti in più di 50 anni di storia è ormai dilaniato: al suo posto c'è rimasta solo una scatola vuota, tutta da riempire. Il mio timore è che venga riempita con un sistema di valori basato sulla paura e sulla monetizzazione di tutto, anche della sicurezza del volo.

MdV - Quindi, al di là delle preoccupazioni destate dalla gestione dell'emergenza giapponese, ci sono anche mali più profondi e radicati.
Comandante - Direi proprio di sì. La costruzione di un nuovo contratto Alitalia, praticamente a cottimo, e le manovre per imporre a livello europeo dei nuovi limiti di volo, ignorando le risultanze degli studi scientifici sulla fatica, ne sono una prova. Ma la sicurezza non si compra, si costruisce.
Pilota - Proprio così: alla faccia della propaganda sterile e delle comunicazioni bugiarde su una potenziale ripresa, non ci si preoccupa di cambiare e costruire un grande paese (o una grande azienda), con un forte senso civico, con speranza di crescita e di sviluppo; ci si accontenta, come nel nostro caso, di tirare avanti rammendando i buchi sui pantaloni e tamponando alla meglio in modo confuso. Eppure mi piacerebbe che qualcuno risvegliasse il mio senso di appartenenza, visto che stiamo celebrando i 150 anni dall'unità d'Italia, ma ad oggi mi devo accontentare di sognare da solo.

(26 marzo 2011)

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