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Je né parlè pà fransè

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Se qualcuno dei lettori di questa rivista cibernetica mi chiedesse quale sia il momento più stressante della mia giornata da pilota, riceverebbe una risposta che, probabilmente, lo sorprenderebbe: non è l’atterraggio e nemmeno il decollo.

Non è l’imbarco dei passeggeri o il loro sbarco, e neanche è la cronica carenza strutturale dei nostri principali aeroporti, no. A me stressano enormemente i controlli di sicurezza cui gli equipaggi sono sottoposti, prima di poter accedere alle aree aeroportuali riservate.

Forse non tutti sanno che gli equipaggi di volo sono sottoposti ai medesimi controlli di sicurezza che i normali passeggeri devono passare prima di potersi imbarcare per il loro volo. La cosa a me fa andare in bestia perché, mentre comprendo la ragione per cui i miei bagagli vengono “radiogenati” (qualcuno potrebbe, ad esempio, avere inserito qualcosa di pericoloso a mia insaputa), assolutamente non capisco perché io debba essere fisicamente palpeggiato.

Non ho bisogno di taglierini o coltellini o forbicine per accedere al cockpit: io praticamente ci vivo già dentro. Nel cockpit ho una fantastica ed affilatissima ascia: pensate io abbia bisogno di nascondermi addosso un coltellino svizzero? Allora che cercate su di me? Perché mi palpate ed accarezzate? E tenete presente che questa storia può avvenire, nel caso del medio raggio, anche più di una volta al giorno.

Certo ho le mie piccole rivincite e fino a qualche anno fa mi rifacevo sui francesi. Dovete sapere che i controlli di sicurezza a Parigi sono piuttosto severi: via le scarpe, via le cinture, orologi e quant’altro. Il problema è che insistono a parlarmi in francese ed io il francese (mea culpa) non l’ho mai studiato.

Mi parlano ed io li guardo con occhi bovini: scuoto la testa e, rigorosamente in italiano gli dico che non capisco. Insistono indicando la parte di vestiario che suppongo vogliano venga rimosso: io faccio spallucce e dico “mi spiace, non capisco...”

A questo punto, normalmente, interverrebbe un’assistente di volo per dirmi: “Ti ha detto di toglierti la cintura…” ma io, furbo, ho fatto il briefing all’equipaggio su quello che sarebbe successo prima di arrivare ai controlli di sicurezza: così, tutto l’equipaggio tace e si gode la scena.

Una ulteriore fiumana di francese mi travolge, al che io alzo una mano e dico: “Je né parlè pà fransè” e, usando le dita della mano per sottolineare ogni parola aggiungo: “bongiù, bonsuar, messier, madam e… CHAMPION DU MOND!”

Conservo la faccia del francese di turno tra i miei ricordi più cari... ovviamente la pacchia è finita nel 2010.

(11 aprile 2011)

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